|
|
NELLA PAGINA scrivi email leo-ant@libero.it scarica pagina in pdf
*LA STORIA DI PIETRAVAIRANO Nell’Alto Casertano, a 42 Km dal capoluogo di Provincia, si trova l’abitato di Pietravairano adagiato ad anfiteatro sul costone orientale del Monte Caievola e con le abitazioni arroccate l’una sull’altra in un armonico digradare verso il piano. Il toponimo, derivato dall’antica denominazione della Terra della Pietra prope Vairanum è composto di pietra (roccia, masso e simili), che indubbiamente può farsi risalire all’ambiente naturale in cui è sorto il paese, e di Vairano, specificazione derivata dal nome del vicino centro di Vairano Patenora. I numerosi e significativi rinvenimenti archeologici testimoniano la presenza di insediamenti pre romani, sulle alture di Monte Caievola e di Monte San Nicola, e di ville romane in pianura, in località Rivozzo e San Martino Vecchio di San Felice. Menzionato in un documento del 1070, conservato nell'archivio dei Benedettini di Montecassino, come Castrum Petrae, il toponimo è anche citato in Catalogus Baronum (1150-1168) di epoca normanna che lo attribuisce come feudo ad un personaggio della famiglia de Petra, che proprio da quel feudo prende il suo nome, Alexander de Petra, definito signore del castello di Petra; in seguito altri personaggi della famiglia, citati nei registri angioini, vengono definiti signori di Petra: Giovanni de Petra (1272), suo figlio Roberto (1276), Seneballo de Petra (1289), Nicola III de Petra (1415). Successivamente fu feudo dei de Roccaromana, dei Marzano, dei Cicinello, dei Como, dei Montaquila e, alla fine del secolo XVI, passò stabilmente alla famiglia Grimaldi, che lo mantenne fino all'eversione della feudalità. Il documento più antico, nel quale è menzionato il castrum Petrae, risale al 1070 e si conserva nell’Archivio di Montecassino. Pietravairano fece parte della Baronia di Roccaromana ed in seguito fu feudo, tra gli altri, dei Montaquila, dei Marzano, dei Consalvo ed infine dei Grimaldi che lo possedettero con il titolo di marchesato sino al 1805 quando la feudalità fu abolita nel Regno di Napoli.Nel 1544 il feudatario Don Paolo Mastrogiudice concesse ed approvò gli Statuti Municipali che il 15 febbraio 1547 ottennero anche il Regio assenso. Negli Statuti, quantunque non sia presente un’organica suddivisione per materia, è possibile distinguere, in funzione dell’interesse tutelato, le norme attinenti al settore pubblico (attività amministrativa, commerciale, giudiziaria e di polizia locale) da quelle concernenti il settore privatistico, rappresentate in massima parte dalle norme relative ai danni dati , cioè ai danni provocati alle proprietà private da animali o da persone. L’agglomerato medievale era racchiuso da una cinta di mura, con numerose torri rotonde,che iniziava e si concludeva con il Castello che conserva tuttora l’intera cortina con due porte, una dal lato del paese e l’altra verso la montagna; nel suo interno vi sono una grande e robusta torre a forma cilindrica, una piccola Cappella dedicata alla Santa Croce e grandi cisterne sotterranee per raccogliere e conservare l’acqua piovana. Nella fortezza era ubicato il carcere locale. Nei tempi più antichi vi erano soltanto tre porte Porta Sant’Andrea, Porta vigna e la Porta della Grotta. In seguito, con l’estendersi dell’abitato si aggiunsero la Porta Nova, la Porta del Cauto e la Porta San Sebastiano.Il nucleo più antico era ristretto tra il Castello e l’attuale via Collegiata sulla quale si apriva la portella, che rappresentava la porta di soccorso della fortezza. Successivamente, per contenere l' accresciuta popolazione, il centro urbano si sviluppò anche nella parte sottostante alla via Collegiata dando origine alla zona denominata sotto la Chiesa. Oltre alla Porta della Grotta, la più antica e l’unica che consentiva un comodo accesso da e per la pianura sottostante,va evidenziata quella di Sant’Andrea che immetteva nella Piazza ove, per privilegio reale risalente al 1741, si teneva ogni mercoledì un pubblico mercato. Sulla Piazza si affacciavano la Collegiata di Sant’Eraclio ed il Palazzo dei Marchesi Grimaldi, una delle famiglie patrizie più insigni nel Regno di Napoli, che possedette molti feudi e nel 1596, in persona di Ansaldo acquistò il feudo di Pietravairano sul quale fu trasferito il titolo di marchese già concesso loro nel 1581 sul feudo di Modugno. I Grimaldi avevano il privilegio di assistere alle funzioni religiose in Sant’Eraclio da un coretto, munito di grata, posto al di sopra dell’organo, che potevano raggiungere attraverso un passetto, sovrastante via Collegiata, tra la Chiesa ed il loro Palazzo. La famiglia Grimaldi, ebbe sempre a cuore le sorti del Convento di Santa *Foto Palazzo Grimandi * Plastico Maria della vigna nel quale possedeva due cappelle gentilizie con annesso sepolcro: la Cappella del S.S. Nome di Dio e quella di Sant’Andrea.Tra gli altri va ricordato il Cardinale Nicola Grimaldi, il quale fu Legato pontificio a Bologna. Nella Piazza era ubicato, altresì, il sedile ovvero lo Segio comone, ove si svolgevano le riunioni del Parlamento cittadino, e per il rispetto che si doveva a questo luogo, era severamente proibito insudiciarlo o portarvi animali. Il Parlamento cittadino, al quale potevano intervenire tutti i capofamiglia senza alcuna distinzione di condizioni personali o sociali,si era sviluppato nel Regno di Napoli intorno all’età angioina e la sua competenza non si esauriva nella nomina dei pubblici amministratori ma si estendeva a tante altre attività, soprattutto in materia di entrate e di controllo delle spese. Nella zona alta del paese, oltre al Castello, sono ubicati i maggiori monumenti storici ed architettonici del passato: la Collegiata di Sant’Eraclio ed il Convento di Santa Maria della Vigna.
La Chiesa Madre di Pietravairano, dedicata al protettore Sant’Eraclio, vescovo e martire africano, va senz’altro annoverata tra le parrocchie più antiche della Diocesi di Teano-Calvi , essendo accertata la sua fondazione ad opera di un certo presbitero Pietro e la sua esistenza quale ufficio curato sin dal i l82,così come si evince da una pergamena in gotico beneventano custodita in archivio. Nel 1742, con Bolla del Pontefice Benedetto XIV, è stata elevata a Collegiata insigne e nel 1791 ha avuto anche un proprio statuto approvato dal re Ferdinando IV di Borbone.Poco distante dal centro storico di Pietravairano sorge il complesso monumentale del Convento di Santa Maria della vigna, davanti al quale l’8 settembre di ogni anno, aveva luogo il pubblico Parlamento per l’elezione degli amministratori annuali dell’Università. L’origine del convento di S. Maria della vigna è legata ad una pia e secolare tradizione che ricorda la scoperta - avvenuta nel 1384 nella vigna di un certo Paolo Della Vecchia - di un affresco raffigurante la Beata Vergine Maria nell’atto di porgere un chicco di uva al Bambino Gesù che tiene sul grembo. Tanta fu la devozione verso la santa Immagine che venne edificata una cappella incorporata, in seguito, nella chiesa alla quale si è aggiunto il Convento abitato dai Padri Domenicani sino al 1809, anno in cui furono costretti a lasciarlo a seguito della soppressione disposta dal Re Gioacchino Murat. Nel 1834 il Convento era concesso ai Minori Osservanti della Provincia di San Ferdinando in Molise che lo tennero sino al 1866 allorquando il Convento fu devoluto ancora una volta allo Stato che ne fece gratuita cessione al Comune. I Francescani, che non avevano mai abbandonato l’idea di rientrare nel proprio Convento, lo ricomprarono nel 1897 come privati cittadini. Dalla compravendita venne esclusa la Chiesa che è rimasta di proprietà comunale. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, il convento di S. Maria della vigna fu luogo di rifugio per la popolazione inerme esposta ai bombardamenti degli Angloamericani ed alla ferocia dei tedeschi in ritirata. Presso il Convento, sino alla chiusura avvenuta nel 1992, è stato attivo un Istituto per minori, al quale si è dedicato con impegno esemplare il defunto Padre Cipriano Caruso, un francescano che amò immensamente la Madonna della vigna dedicandosi generosamente al prossimo più indifeso. Agli inizi del XX° secolo, all’ombra del convento di Pietravairano visse il futuro Padre Agostino Castrillo OFM, vescovo di S. Marco Argentano e Bisignano, morto in concetto di santità il 26 ottobre 1955. E’ senz’altro un onore per la comunità di Pietravairano annoverare tra i suoi figli questo Pastore umile e zelante che nel suo cammino verso la Gerusalemme Celeste ha lasciato tracce indelebili di fede, di carità ed umanità. * Le informazioni storiche sono state attinte dai documenti e libri pubblicati dal Dott. Cifonelli renatocifonelli@hotmail.com inizio pagina PRIMA PAGINA HOME
LE FONTANE I POZZI E LE SORGENTI
La “sorella” acqua da sempre rappresenta
un bene primario e insostituibile per l’uomo. Un tempo nel nostro paese
come in altri che presentano la stessa struttura medievale arroccata su
di un colle, vi erano, in certe zone centrali o lungo le strade più
importanti, delle fonti di approvvigionamento di acqua come
sorgenti, pozzi o cisterne dove ogni giorno le famiglie attingevano
acqua per uso domestico. Le fonti più importanti, nella zona bassa e
nella piana, alcune di esse ancora esistenti, erano :
Il pozzo di" S. Lorenzo"
in via S. Lorenzo, tutt'ora esistente, (restaurato alcuni anni fa, a
cura dell'omonima associazione costituitasi in onlus), pozzo Campanile
che si trova ancora sulla strada di fronte al cimitero, il pozzo di
Vincenzo Riccio detto il “ Pratellese” in via s. Antonio Abate, il pozzo
alla “Taverna”, il pozzo “monaco” in via Annunziata, il pozzo di Pietro
“mustaccio” in via Rivozzo, il pozzo della masseria Cerbo in via Campo
di Santo.
Le sorgenti che rappresentavano anch’esse
fonti di approvvigionamento per la popolazione stavano in zone più
lontane dal paese e nelle campagne.
Quelle più importanti per quanto riguarda
la quantità di acqua e quelle che duravano di più durante il periodo
estivo ed anche per un fatto di praticità e di facile raggiungimento per
gli abitanti di Pietravairano, considerato che con l’asino con in groppa
di “VARRILI” ( piccoli contenitori di legno ancorati alla sella), erano
quella che stavano nella zona a monte del paese, nella piana di Tramonte,
o in quella che affaccia sulle “terre di Vairano”.
Quelle più importanti che ancora oggi
troviamo presenti nella memoria popolare erano :
La fontana “RIAMMELLA” , in zona Tramonte
all’AIA CANONICA, le sorgenti di “ LE PESCHIERE DI S.GIORGIO,
quelle di “CISARELLE”, le sorgenti di “CECAUCIEGLIU” presso il “SASSONE”
di S.Paolo. Un’altra fonte si trovava presso la zona di S.Pietro,
molto
distante dal paese, soprannominata la fontana “ A
REGINA A CAVAGLIU MANCONE”.
La fonte più importante in assoluto
,perché la più usata, dove ancora oggi si và a prendere l’acqua è
una fonte-sorgente presente vicino al Santuario Madonna della Vigna
a Pietravairano, un luogo denso di significati simbolici e religiosi che
affondano le radici in tempi passati, dove si sono uniti la venerazione
alla Madonna della Vigna, all’opera certosina e secolare dei Frati
Francescani presenti fino a qualche decennio fa nel Convento annesso
alla Chiesa, opera svolta a beneficio della cittadinanza in un rapporto
di simbiosi, tanto che nella cultura popolare la presenza dei Frati
Francescani del Convento ha un ruolo predominante.
Anche la fonte di acqua , sia perché
posizionata nella immediate vicinanze del Borgo Antico, sia perché gli
si attribuivano particolari qualità, anche terapeutiche, e stata durante
i secoli la più usata dai cittadini di Pietravairano. Tutti
i Pietravairanesi, dai secoli passati ai giorni nostri, sono andati
almeno una volta a prendere l’acqua al Convento, partecipando a quello,
che un tempo rappresentava un “rito” collettivo, che si svolgeva ogni
giorno , secondo regole ed usanze ben precise. L’acqua e stata sin dai
tempi antichi , sempre attinta dalla cisterna-sorgente con il secchio
legato alla catena e la carrucola, solo verso gli inizi degli anni 60°
il pozzo e stato dotato di una pompa idraulica a ruota, da allora si è
incominciato ad indicare la fonte del convento con la dicitura (della
pompa). Nella memoria popolare , ed in quella dei nostri genitori e dei
nonni , è ben presente e vivo il ricordo di quel “rito” collettivo che
si ripeteva ogni giorno e più volte al giorno, a cui partecipavano tutti
gli abitanti dei quartieri di Pietravairano, quelli di S. Giuseppe, come
quelli di S.Caterina, come quelli da sotto il “Trivio” la
Portanuova o della Grotta, tutti andavano al Convento muniti di
recipienti, per prendere l’acqua, anche due volte al giorno secondo le
esigenze della famiglia. La mattina presto, alle cinque, e nel primo pomeriggio, uno o più componenti di ogni famiglia, in genere i più giovani perché gli altri erano impegnati nel lavoro dei campi nelle campagne ,andavano a prendere l’acqua al Convento, è facile immaginare considerato la densità di popolazione e l’elevato numero di famiglie che abitavano a quell’epoca nel paese alto, quante persone contemporaneamente si ritrovavano lungo le stradine del paese, o al Convento per prendere l’acqua munito di recipienti di ogni tipo, che venivano portati in mano o irti sulla testa. Questi recipienti che avevano una capienza che andava dai 4 litri dei più piccoli fino ai 10-15 litri dei più grandi erano di terracotta smaltata o di legno, avevano delle forme arrotondate, ed erano dotati di grandi manici, per essere facilmente portati a braccio o in testa, venivano chiamati, “Lancelle, Lancilloni, Varrili, e Varreccia “. inizio pagina PRIMA PAGINA HOME
La mattina ben presto, tutti si
incamminavano lungo le stradine ed i vichi del paese di Pietravairano,
accompagnandosi lungo il tragitto con altri, e tutti insieme a gruppi
arrivavano nei pressi del convento dove bisognava attingere l’acqua dal
pozzo-sorgente, i più anziani ancora oggi viventi narrano di un numero a
volte anche di 50 persone che si ritrovavano in certi momenti al
Convento tutti insieme a prendere l’acqua. Secondo questi testimoni, una
volta arrivati sul luogo bisognava attendere la fila, in quanto era
possibile attingere acqua solo uno alla volta. Ecco allora che
tutti ordinatamente, depositavano allineandoli uno dietro l’altro i
recipienti fino a raggiungere una fila lunghissima, anche di centinaia
di “lancelle, lancillotti, verreccia a varrili”.
Mentre si attendeva il proprio turno ecco
che le ragazze si raggruppavano e conversavano tra di loro, mentre i
ragazzi impegnavano il loro tempo di attesa facendo i più svariati
giochi, il gioco più popolare di allora era il gioco della “breccia”,
esso consisteva nell’accostare lanciandole sotto al muro, le pietre di
fiume di forma arrotondata e piatta, di 5-10 cm che ogni ragazzo portava
con sé in tasca. Il tempo di attesa era abbastanza lungo a volte
si protraeva anche per qualche ora, prima che
arrivasse il proprio turno, per girare la
ruota e riempire il proprio recipiente, sicchè, tutto questo tempo
veniva speso per giocare conversare, ma anche per approcciare rapporti
di tipo sentimentale.
E certo ,che per intere generazioni,
moltissimi “amori” sono sbocciati e molti fiori d’arancio sono fioriti
sul convento nel momento in cui si andava a prendere l’acqua, o lungo il
tragitto, per le stradina e i vichi e i “suppuortici” presenti nel
centro storico. Di conseguenza molte “lancelle” portate sul capo si sono
rotte, cadendo, quando l’emozione di un amore che stava per sbocciare,
metteva in crisi il necessario equilibrio per portarle irte sulla testa.
Insomma non c’è mamma , zia ,o nonna che non abbia “subito” il cosi detto
“MBUOSTU” , era cosi chiamato il primo approccio amoroso, la classica
dichiarazione amoroso, che i ragazzi uscendo dai vicoli all’improvviso,
facevano alle loro “vittime” predestinate, che spesso erano consezienti
e aspettavano con ansia quel momento. inizio pagina PRIMA PAGINA HOME FRAMMENTI STORICI E VITA FEUDALE Pietravairano che nei documenti diplomatici, veniva chiamata "Pietra prope Vairano" e, semplicemente " Pietra di Vairano " ebbe la sua origine in una serie di vichi intorno ai secoli V e VI d.C., quando i contadini , servi della gleba, detti " villici", sparsi sulle "ubertose" terre, raccolsero attorno alle Chiese, tra cui S.Eleutterio. Esistono le rovine sulla cima di Monte S. Nicola , che ai tempi longobardi si chiamava Monte s. Eleutterio, il quale nel 902 fu il Principe di Capua, Atenolfo, donato per " comodità di pascolo e di legnare "alla badessa Adeltrude del monastero di S.Maria in Cingla di Ailano, soggetto ai Benedettini di Montecassino.Pietravairano, divenuto pago e poi Borgo cinto di mura con piccole torri cilindriche " intercalate2, durante la invasione e dominazione Longobarda -560-1062-, sorse sull'attuale pendio a falda della montagna, che nel 1804 veniva chiamata Catreola. Su di una cima rocciosa fu costruito il Castello di "torre cilindrica e finestre tribolate", dopo l'XI o XII secolo d.C. all'inizio della dominazione Angioina, vittoriosa sugli Svevi.
ELENCO CRONOLOGICO DEI POSSESSORI FEUDALI DI
PIETRAVAIRANO
|
|
|