La battaglia del Volturno
12 Ottobre: la notte scese sul Volturno.
Una notte di luna piena che inargentava meravigliosamente la fertile
vallata, in una visione di pace e di sogno. Ma era guerra; la calma era
apparente, e tradiva l’ansia per qualcosa di imminente. Le pattuglie
americane che sotto tanto chiarore venivano scoperte, davano occasione a
mitragliamenti localizzati, e a segnalazioni di fiamme colorate, come
tutte le notti…
Ma dietro le colline tifatine, nei
bivacchi americani tutto un movimento di truppe, di motori, di
attrezzature, studi di traiettorie di tiri… e lunghe colonne di uomini
in marcia… Sull’altra sponda, silenzio! I Tedeschi erano lì invisibili,
appostati e decisi.
Alle 24, ora zero stabilita da Clark,
all’improvviso, l’impressionante silenzio divenne un Inferno! Seicento
cannoni tuonarono insieme su tutto il fronte! Alle cannonate tonanti
fecero eco le esplosioni dei mortai e centinaia di crepitanti
mitragliatrici che da monte Tifata sputarono fuoco su Triflisco.
Subito, sorretto dalle compagnie ed armi
pesanti del 30° Fanteria, il 1° Battaglione del 15° Fanteria sotto la
via statale 87, cominciò ad attuare l’ordine del colonnello Rogers di
fare con forza, demonstrate vigorously, la finta dimostrazione di
assalto sul fianco sinistro della Divisione.
Un’ora dopo, alle 01,00 la 3° Divisione
apriva il fuoco sulla riva Nord. Si tirava sui bersagli identificati nei
giorni prima. Una pioggia di proiettili che durò un’ora. All’1,55 la
nuvolaglia nera delle bombe fumogene nascose i posti da attaccare.
Cinque minuti dopo, alle 02,00 cominciò l’assalto.
Il 7° Fanteria tentò l’attraversamento
accosto alla penisoletta che forma la piega a uncino, haipin-chaved
loop. Il 1° Battaglione sotto corrente, il 2° e il 3° Battaglione
controcorrente più in alto.
Alle 24 era cominciata la diversione a
sinistra, in base alla quale il 1° e il 3° Battaglione stavano occupando
un’area avanzata, nascosta in un profondo fossato sul fianco Nord di
monte Tifata, nei pressi della masseria Mazzarella; il 2° Battaglione e
il posto di comando del reggimento, finora nascosti nella valle fra
monte San Leucio e monte Tifata, si muovevano su una traccia di via
ampliata negli ultimi giorni dal 10° Battaglione Genio per farci passare
carri armati e pezzi anticarro.
Il 1° Battaglione uscì dal suo campo alle
00,45. Gli uomini portavano cordami per far da guida, pontoni di gomma e
zattere.
Mentre i reparti carreggiati si
travagliavano per far scendere sulla riva battelli di gomma e zattere
pesanti, i reparti di assalto passavano a guado o a nuoto la corrente
fredda e violenta per fissare le corde su appigli della riva opposta.
La riva Nord è alta. Cessato il
formidabile cannoneggiamento, e prevedendo l’assalto, i Tedeschi
iniziarono un violento tiro di mitragliatrici che doveva colpire
sull’altra riva. Apparivano strisce di fumo rosso a incrocio, a criss-cross,
a qualche metro sopra la testa degli audaci che ormai assicurati,
vollero strafare. Ma i canotti, tutti insieme erano troppi, e si
urtavano; e ci voleva una fatica tremenda a tenerli, dato che la
corrente li portava via. Gli alberi quasi in bilico sulla ripa, ai quali
furono attaccate le funi, se ne vennero giù; le zattere venivano calate
in acqua una per una… Si profilava un disastro!
Senonché, oscurità e fumo da una parte,
l’altezza della ripa dall’altra, salvarono gli Americani. I mitraglieri
tedeschi sparavano troppo alto. Sì, però le ore volavano. Con la luce
del giorno il fuoco tedesco si sarebbe aggiustato, a parte i corpi
scelti, le masse di uomini restate sulla riva Sud erano esposte al
massacro. Ma non era tempo di riflettere.
Attraversata l’acqua, gli Americani
trovarono un altro vantaggio. Stringendosi sotto la ripa, mossero in
colonna contro corrente su una striscia di “limata” come diciamo nel
nostro dialetto, la sabbia di fiume.
C’era qualche mina, e qualcuno saltò in aria, altre furono spostate.
Ed ecco, forse inaspettata, la soluzione.
Il grosso del battaglione arrivò ad un piccolo rivo che dalle colline
attraverso i campi entra nel fiume in un fossato.
Escludendo il rivo San Giovanni che viene da sinistra, il “creek”
s’identifica col rivo Pisciaréllo. Il fosso è profondo sì e no due
metri, ma era quanto bastava a circa 500 uomini audaci, per avanzare through
wich, attraverso esso, per diffondersi inosservati nei campi dietro
le prime linee dei loro nemici. Ora, o fosse stato il caso o perché
previsto nel piano di assalto, l’inserimento nel terreno tenuto dai
Tedeschi fu attuato proprio col microscopio. Pisciaréllo, e sfruttato
subito. Parte del battaglione si diresse immediatamente verso i campi.
Arrivò intanto l’ordine di mantenere queste posizioni per proteggere il
fianco sinistro del reggimento. Il 2° Battaglione, seguito dal 3°,
attraversava ad Ovest della curva a uncino. Gli uomini si tenevano
afferrati alle funi e alle strisce bianche sotto gli zaini con la
sinistra, per non farsi portare via dalla corrente, e tenevano alzato
sopra la testa il braccio destro col fucile.
Oscurità e ardimento li portarono oltre
le fox-holes, le “tane di volpe”, da dove crepitavano le
mitragliatrici. I Tedeschi sparavano sempre, e non se ne accorsero.
Ancora nella tarda mattina i loro franchi tiratori facevano fuoco lungo
il fiume.
Senza curarsi di spazzare queste sacche
di resistenza, gli Americani si diressero verso monte Maiùlo, seguendo
il rivo Pisciaréllo. La sorpresa aveva vinto! Alle 8, elementi avanzati
del 2° Battaglione erano arrivati alla collina. Il 3° Battaglione
invece, sotto un fuoco pesante di artiglieria, avanzava lentamente.
***
Con la luce del giorno la battagli
divenne più intensa, e il fuoco tedesco più preciso e micidiale.
Ma anche la 3° Divisione diresse meglio
il fuoco sui cannoni e carri armati degli avversari. Si aggiunga che i
cannoni anticarro del 60 Battaglione anticarro si scatenarono coi loro
proiettili micidiali ad alta velocità, concentrando il fuoco tra la via
e il fiume. Dalla Compagnia K sei carri furono colpiti. Di fronte a
questa tempesta di colpi, i carri armati tedeschi ripiegarono a Nord in
alcune “cupe”; vie incassate, fra monte Grande e monte Maiùlo. Si
ritirarono in ordine, combattendo. Il contrattacco si era spinto fino 50
yarde dal fianco sinistro del 3° Battaglione.
Gli Americani, per l’esattezza i loro
corpi scelti, avanzavano, ma lontanamente pensavano che la ritirata
tedesca fosse strategica, cioè prestabilita. Alle 10,12, un ufficiale
inglese di informazione porta un messaggio al comando: il 3°
Battaglione Panzer è pronto al contrattacco. Subito, ordine al
75° Battaglione Carri di lanciare i carri della compagnia A attraverso
il fiume. Tanks anfibi per acque profonde e anticarro
attraversarono il Volturno di pieno giorno. Il “fustigatore”, bulldozer,
si accostò alla riva per sfondare, ma fu respinto dall’artiglieria e
dalle mitragliatrici tedesche. Gli spalatori della compagnia A del 10
Battaglione Genio fecero la scarpata con picconi e pale, proprio al di
sotto dell’ansa a uncino, e alle 11 vi saliva il primo carro amato. Nel
pomeriggio erano 15 i carri saliti, e 3 gli anticarro. Essi e
l’artiglieria avevano fermato il contrattacco tedesco. La lotta si
esauriva ormai in quel settore. La persistenza nello sfruttare le
conquiste fatte, e l’ordine alle forze germaniche di resistere solo per ritardare la
marcia nemica, avevano dato la vittoria, certamente travagliata, agli
Americani.
Anche dal comando tedesco ci fu il
riconoscimento che lo sforzo degli avversari era riuscito. Dagli Inglesi
fu intercettato un secondo radiomessaggio e mandato alla 3° Divisione.
Portava questo commento: “La (divisione) H. Göring pensa che la vostra
gente stia operando troppo bene in quel settore”.
Mentre il 7° Fanteria iniziava l’avanzata
in pianura, i soldati del 15° Fanteria (meno il 1° Battaglione)
attuavano una diversione. Dalla valle ove sorgono le fazioni di
Castelmorrone, si arrampicava su monte Castellone, di fronte a Piana di
Caiazzo. Raggiungere questo abitato attraversando il fiume e occupando
gli avamposti tedeschi su Mesurìnola, costò ore di combattimento e gravi
perdite.
Il 15° Fanteria varcò il fiume poggiando
su un’isoletta. Le sue compagnie conversero su Monticello ove ci fu
sosta. Una cava di pietra sul lato Sud servì al comando. Fra le 2 e le 3
di notte, il 2° Battaglione aveva subìto gravi perdite, e dalla cava di
pietra i feriti venivano portati al fiume, e traghettati su canotti di
gomma.
Il 3° Battaglione rimontando la corrente
verso l’isoletta, venne avanti senza reparti carreggiati (che non
potevano salire sul Castellone), e le sue compagnie L e K passarono a
guado la corrente, e i soldati, aiutandosi l’un l’altro, salirono sulla
riva opposta. La lotta contro la linea avanzata nemica fu breve. I
Tedeschi si ritirarono, e gli Americani attaccarono Mesurìnola. Un vero
aggiramento!
La compagnia L attaccò da sinistra, la
compagnia K da destra, un plotone di riserva l’aggirò da dietro. Le
pendici sono erte, ma furono scalate. E quasi tutti i Tedeschi furono
fatti prigionieri, e i pochi che sfuggirono si ritirarono a Nord della
via. Ma la loro artiglieria concentrò il fuoco sulle due collinette
abbandonate, e carri armati, e cannoni semoventi tennero sotto il fuoco
tutta la valle. Ci rimase sotto proprio il 2° Battaglione che ebbe forti
perdite, e avanzò lentamente, strisciando a terra.
Anche i Tedeschi ebbero fuori
combattimento un primo carro armato. Il servente saltò fuori, e si
rifugiò in una casa presto bruciata da colpi di mortaio. Un altro carro
veniva da Caiazzo, e incappò nel blocco stradale tenuto da un plotone
anticarro del 3° Battaglione. Gli furono tirati tre copi di bazooka, e
un sergente beccò l’equipaggio.
Era una giornata intera di lotta. Nel
pomeriggio 2° e 3° Battaglione avanzarono sulle colline dietro Piana di
Caiazzo. Ma il paese era stato lasciato, e quando la compagnia L occupò
Piana, vi trovò un solo tedesco che si arrese. Due postazioni di
mitragliatrici sul fianco di monte S. Croce, furono ridotte al silenzio,
con granate e fucilate, e in quel settore finì la resistenza tedesca.
Intanto il 2° Battaglione attaccava dalle
piccole valli, il monte Caruso al centro fra il Maiùlo e S. Croce.
Queste cime erano assai utili. Chi le
teneva dominava la vallata a Sud. Occupandole gli Americani, i Tedeschi
dovevano ritirarsi subito o a Strangolagalli e Cisterna, o a Caiazzo.
Fra Cisterna e S. Croce c’è solo una via vecchia, e i Tedeschi si
ritirarono verso Caiazzo, dove potevano disporre della statale 158 verso
Alvignano. Nel pomeriggio del 13 il 7° e il 15° Fanteria dominavano la
vallata da Nord.
***
Passiamo ora alla lunga collina che si
prolunga a Nord-Ovest, fino ai contrafforti di monte Majuri. Essa
sovrastava al fianco sinistro della 3° Divisione, e sappiamo che qui
doveva operare un battaglione del 30° Fanteria, con un battaglione del
15°, e con tre scopi precisi:
Disperdere le forze tedesche
concentrandole qui, facendo credere che a Triflisco sarebbe esploso
l’attacco principale, allo strong-point, il punto di forza;
Neutralizzare i posti di osservazione, e
le postazioni che vi erano, di cui una micidiale, a quota 200, proprio
sopra Triflisco;
Occupare la lunga linea di vetta.
Non c’era da scherzare. L’impresa non era
facile. A Capua, gli Inglesi non riuscivano ad attraversare il fiume.
Solo se riuscivano, i Tedeschi che fossero rimasti fra Triflisco e
Bellona, ‘ncoppa ‘o Salemme, sulla collina di Gerusalemme, si
sarebbero trovati tra due fuochi.
***
Nella mattinata del 13 arriva l’ordine al
3° e al 1° Battaglione del 30° Fanteria, che lasciassero il loro bivacco
nella valle a Nord-Ovest di Caserta per monte Castellone, ove avrebbero
seguito il 15° Fanteria nel varco.
Intanto, a mezzogiorno, il Generale
Truscott ordina al 2° Battaglione di disporsi a Triflisco mandando
avanti una compagnia, e facendo seguire a questa il battaglione. Tutto
inizia bene.
Alle 13,40 il tenente colonnello Bernard
comunica che l’operazione procede bene. Ma da quota 200, punto Sud della
collina Gerusalemme, raffiche di mitraglia respingono i primi plotoni.
Cannonate americane su quella posizione, dove i Tedeschi avevano
piazzati otto cannoni semoventi da 105
mm. Secondo assalto. Niente. Gli Americani sono
inchiodati al suolo con perdite gravi. L’assalto è rimandato alla notte.
Intanto il 1° Battaglione che s’era
avviato, viene rispedito in soccorso del 2°. Ma, visto che l’assalto a
Triflisco era fallito due volte, e quello alla penisoletta era riuscito,
gli fu ordinato di attraversare dov’erano passati i carri armati, di
convergere sul fianco sinistro, e attaccare la collina Gerusalemme da
Est.
Il passaggio del 30° Fanteria doveva essere coordinato con quello della
56° Divisione inglese. Lasciati i carriaggi al bivio, all’inizio della
salita di San Leucio, i soldati si accostarono al fiume. Quando si è
fortunati! Era pronta la passerella fatta dai genieri, e varcarono il
Volturno a piedi asciutti.
Alle 01,00 si disposero per l’attacco.
Alle 3,30 veniva segnalato che la posizione era presa.
I Tedeschi, appena scesa la notte,
s’erano ritirati da quota 200, la punta estrema della lunga collina, in
conseguenza dell’avanzata del 7° Fanteria. Intanto, alle 4,45, il 2°
Battaglione varcava il Volturno, e all’alba del 14 fu seguito dal 1°, e
dal 15° Fanteria.
La battaglia per il primo attraversamento
del Volturno era durata trenta ore
***
Diamo uno sguardo al Basso Volturno.
Presso il mare la 46 Divisione aveva
attaccato con successo all’alba del 13, con operazione anfibia.
L’attraversamento del fiume era stato attuato da squadroni di fanteria e
carri armati e, il 14, la 139 Brigade aveva stabilito una salda testa di
ponte.
La 7° Divisione corazzata, nell’attacco a
Grazzanise aveva incontrato forte opposizione. Le truppe d’assalto
raggiunsero il fiume appena calata la notte. Gl’Inglesi stavano per
lanciare un carro armato attraverso il fiume, ma un contrattacco tedesco
li respinse. Alle 2, secondo tentativo con battelli, lungo un cavo.
Seconda ritirata. Fecero un terzo tentativo, e riuscì. All’alba del 13,
gl’Inglesi s’eran fatto un po’ di posto sulla riva opposta, e durante il
giorno cominciarono ad avanzare verso Nord.
La 56° Divisione, a Capua, fu la sola
unità che il 13 Ottobre non fece alcun progresso. Ma nel frattempo la 3°
Divisione americana (che era sul limite di demarcazione fra i due corpi
d’armata) procedeva così rapidamente che, avanzando da sola, poteva
ricevere danno sul fianco sinistro. Il giorno seguente si trovò una
soluzione: la demarcazione fra X e VI Corpo d’Armata fu spostata ad Est,
per dare alla 56° libertà di azione fino alla lunga collina che da
Triflisco va verso Teano. Così nel “territorio”, nell’area di movimento
della 56° Divisione inglese, venne a trovarsi il ponte da 30 tonnellate,
fatto dagli Americani, sul quale essa passò.
***
Abbiamo seguito l’azione delle truppe
combattenti della 3° Divisione. Ora che quelle necessariamente
sostavano, da Triflisco a Mesurìnola, ricordiamo brevemente anche
l’attività del Genio.
I reparti del Genio Pontieri, la mattina
del 13 spinsero le loro attrezzature verso il fiume.
Prima del tramonto, un ponte per jeeps,
e un ponte a prova di veicoli da 8 tonnellate erano pronti. Quello per jeeps si
mostrava a una voltata del fiume, non lontano dal greto del torrentello
che scende da Castel Morrone. I genieri vi usarono una miscela trovata
in un cantiere di costruzione presso Caserta: acciaio a stuoia,
progettato per vie di campi di aviazione. Scorrevano su pesanti
galleggianti, prestati dalla compagnia B del 18° Genio corazzato. Doveva
sopportare tutto il traffico della Divisione. A sera, ripulito il
viottolo fangoso (quello presso il rivo San Giovanni) dalle mine, le jeeps correvano
sulla Statale 87, cariche di munizioni e soccorsi.
Un ponte da 8 tonnellate fu costruito a
piedi di monte Castellone dalla compagnia B del 10° Battaglione Genio. I
Tedeschi avevano azzerato i loro cannoni per centrarlo. E le schegge dei
proiettili avevano portato danni al materiale, e provocato la morte di
13 uomini. Bisognava gonfiare subito coi compressori i canotti lacerati
da falle, ad evitare che crollasse tutto. Una fatica enorme, comunque
alle 22 era pronto.
Ma ebbe otto ore di funzionamento. Al
mattino del 14, l’aviazione tedesca vi lanciò bombe, e subito si dové
rimpiazzare quattro pontoni. Ci fu un’esplosione terrificante quando, un
veicolo carico di obici, urtò mine sommerse. Sul posto si formò un
cratere: 2 muli e 8 uomini lanciati in aria finirono a brandelli.
Incidenti che non riuscirono a troncare il traffico al mattinodel 14.
Un terzo ponte da 30 tonnellate, a
Triflisco, non fu potuto ultimare il 13. Venuta la notte, e lanciate
bombe fumogene si lavorò senza tregua. Lo portò a termine, dopo sei ore
di lavoro, la compagnia B del 16° Battaglione Genio corazzato. Ma solo
il ponte non bastava. Ci volle una specie di massicciata fino alla via,
per non affondare nel fango.
L’Air Force e la R.A.F., Royal
Air Force, erano in netta superiorità sulla Luftwaffe che non
poté impedire l’attraversamento.
***
Le immediate conseguenze della battaglia
stavano ora nel superament della barriera fluviale per quell’obbiettivo
assegnato alla Quinta Armata del generale Alexander: la linea
Sessa-Venafro-Isernia, ancora 25
miglia distante.
Per questa seconda fase dell’avanzata, il
generale Clark, il 14 Ottobre, aveva rettificato, come già sappiamo, la
demarcazione fra i due corpi d’armata, la 56° Divisione inglese,
sfruttando la passerella americana, ebbe due vantaggi: non perdette più
tempo, e aggirò i reparti tedeschi che ancora resistevano risolutamente
sulla destra del fiume.
Dalla rettifica del piano di avanzata
derivarono due conseguenze:
L’intero VI corpo d’armata operava ora
nel Medio Volturno;
L’azione della 3° e della 34° Divisione
affrettando l’avanzata (frontale per la 3°, e in parte aggirante per la
34°) riponeva sul tappeto una questione strategica che la natura delle
nostre terre presenta ai generali, e che è accennata nella presentazione
di questo libro: le operazioni militari nel Medio Volturno affrettano o
ritardano quelle del basso corso del fiume? Quelle da Federico II in
poi, imperniate su Capua, fortezza di prima classe (di terra)
dell’antico reame?…
Stavolta, sia pur di qualche giorno, era
la valle periferica a premere sulla pianura.
E ancora un’altra domanda. Perché questo
maggior spostamento di forze dal Basso al Medio Volturno? Solo per
restringere un fronte troppo esteso? Forse che il generale Clark ritenne
che la “linea Barbara” sul monte Massico era insormontabile per
gl’Inglesi? E perciò, concentrando forze americane sulle minori forze
tedesche nella quasi sguarnita vallata (vi si ritirava la 3° Divisione Panzer
Grenadieren), si poteva attaccare quella linea a destra, in un punto
vulnerabile che, sfondato, avrebbe deciso l’arretramento tedesco sul
Garigliano?…
***
Un giudizio?
Chi scrive non è un uomo d’arme, e non
presume di avanzare giudizi personali che non potrebbero essere tecnici.
Riferendo quelli dei competenti, distinguiamo il metodo con cui fu
condotta dallo scopo che ci si proponeva con essa.
Riguardo al modo il miglior giudizio è
quello del generale tedesco Von Vietinghof: (l’attacco americano) “molto
ben studiato, ed energicamente attuato”. La 3° Divisione aveva svolto
un’azione-chiave nel Medio Volturno avendo annientato il fianco sinistro
della H. Göring Panzer Division, e assicurata una testa di ponte
profonda (sulle colline fra Caiazzo e Campagnano), fino a chilometri
6,5.
Ma subito si passa all’altro aspetto: che
scopo aveva la resistenza tedesca sul Volturno?
Già sappiamo che nei piani del generale
Kesselring, questa linea avanzata non doveva essere quella che per Von
Senger fu Cassino: resistenza totale nello spazio e nel tempo. Il 14, i
Tedeschi s’erano ritirati non sconfitti su posizioni dove già sapevano
di andare. Finiamo nell’eccesso opposto: una “battaglia” da parata?…
Neanche. Non bisogna ridimensionare l’efficacia della pressione
americana. Le forti perdite, 400 morti, da sole bastano a dimostrare che
si faceva sul serio. Ma si potrebbe ancora obbiettare che le forti
perdite possono essere anche effetto di incapacità… Ed è vero. Ma c’è un
ultimo elemento, fondamentale per chi conosce ed ammira la mentalità
spartana dei Tedeschi.
Il generale Kesselring aveva chiesto alla
superba e patriottica divisione H. Göring, come alla 3° Divisione
Granatieri corazzati, di resistere sul Volturno fino al 15, ma
gli Americani avevano occupato le posizioni nemiche un giorno prima.
Perciò la battaglia del 13-14 ottobre ’43 lungo il Volturno, fu una vera
battaglia, lotta intelligente e sanguinosa, non una marcia da parata.
Sì, ma se l’ordine era non di ritardare,
ma di fermare il nemico?…
Il maresciallo Kesselring, fermo
nell’idea che la resistenza andava fatta dovunque, e nel caso specifico,
nella fascia più stretta della penisola, descrive la formulazione dei
piani e la loro progressiva attuazione.
Fissò sulla carta le varie linee di
resistenza in caso di ritirata, previde inevitabili cessioni di
territori, ma anche una difesa pressoché insormontabile a Sud di Roma,
“forse su di una linea che avesse al centro il monte Mignano (denominata
in seguito linea Reinhardt), o sulla linea Garigliano-Cassino
(denominata in seguito linea Gustav)…
S’accordò con il generale Von Vietinghoff
sulla resistenza della Decima Armata, su quanto era necessario per
rendere forte e inespugnabile specie la linea Gustav, e l’accordo, o
piuttosto l’ordine, fu di ritirarsi a Nord di Roma, attraverso
successive linee di difesa.
“La resistenza della Decima Armata
avrebbe dovuto concederci il tempo necessario ai preparativi”.
Come fu attuata la ritirata tedesca?
Dice sempre Kesselring: “Il generale Von
Vietinghoff assecondato a meraviglia dal suo capo delle operazioni
Wentzell, diresse le operazioni di ritirata in modo magistrale, …e
riuscì a prolungare fino al 16 Ottobre la resistenza sul Volturno.
Dunque la previggenza del Maresciallo
Kesselring non s’era fermata ai movimenti del momento. È interessante
precisar questo anche per conoscere il ruolo dei suoi collaboratori: “La
precisa conoscenza delle posizioni, e dello stato in cui si trovav
Che valore aveva il Volturno in tutto
questo?
Come fu condotta la ritirata ritardante?
Il comando tedesco dislocò pochi reparti
scelti – e nel Medio Volturno appartenevano alla 3° Divisione – per
distruggere le comunicazioni, dotandoli per questo di esplosivi e
munizioni. Esigui gruppi che sbarravano le direttrici di avanzata
necessarie, che attuavano tortuose manovre di aggiramento, e poi di
nuovo monotone e logoranti manovre…
Erano retroguardie mobilissime che, fra
l’altro, non dovevano lasciarsi catturare.
La stampa avversaria ingigantiva l’azione
distruttiva e l’inafferrabilità di queste pattuglie “votate alla morte o
alla cattura”.
La ritirata era studiata nei particolari.
Ecco un brano del generale Shepperd e, benché scritto da un nemico, è
una fotografia dei metodi teutonici per rallentare l’avanzat
anglo-americana.
“Il programma di demolizioni era anche
più intenso. Ponti e manufatti sulle strade principali e secondarie
erano stati sistematicamente distrutti. Molti edifici dei villaggi erano
stati demoliti in modo da bloccare le strette vie. Mine Teller e del
tipo S, erano state disseminate sui nodi stradali e sui cigli e le
scarpate dei torrenti. Zone adatte per il bivacco delle truppe erano
pure minate e cosparse di trappole esplosive. Invece di limitarsi a
coprire le strozzature stradali con il fuoco dell’artiglieria mobile,
ora il nemico impiegava piccoli contingenti di fanteria in posizione
molto avanzata, protetta dal fuoco dei mortai e dell’artiglieria.
Spesso, dopo che un villaggio era stato evacuato, i Tedeschi vi
lasciavano squadre di mitraglieri. Inoltre essi impiegavano carri armati
e cannoni semoventi di tutti i tipi, e Nebelwerfer a 6 canne, ed anche
del tipo a 10 canne, montati su mezzi cingolati”.
Il complesso di queste tattiche ebbe
l’effetto di rallentare notevolmente l’avanzata alleata.
Trasferite sul fronte Est la 24
Divisione Panzer e la Leibstanderte “A. Hitler”,
Kesselring assegnò alla Decima Armata tre divisioni di fanteria che
erano la rimanenza del Gruppo di armate costituite dalla XIV e dalla X
di Von Mackensen.
Kesselring vide dunque il Volturno come
antemurale della linea B, e nei suoi 50
chilometri di corso dalla foce ad Amorosi (dove
piega a Nord-Ovest), Von Vietinghoff ne stabilì la difesa come segue:
Dalla foce ad Est di Grazzanise: sui 20
km con la 15° Divisione P.G.;
Da Est di Grazzanise a Caiazzo: sui 20
km, con la Divisione “H. Göring” P., una delle più
superbe, che aveva il gruppo di battaglia Mauke; dietro a questa,
la 16°, in riserva;
Da Caiazzo a Monte Acero (Matese): sui km
16, con la 3° Divisione P. G.
L’urto massiccio e decisivo era previsto
sulla Nazionale 6, la Casilina, dietro Capua, ma, come si vede, anche
l’accesso al Medio Volturno dal Basso Calore era accuratamente valutato
e guardato dai Tedeschi, pur essendo settoriale e marginale.
Solo il Matese rassicurava i Germanici a
sinistra. Quanta differenza con la seconda guerra sannitica, combattuta
ventiquattro secoli prima proprio sopra e attraverso quelle montagne!
Ora, con la motorizzazione non vi era possibile movimento alcuno. Sulle
falde di monte Acero di Faicchio, estrema altura del massiccio a Sud,
c’erano appena pochi elementi della 26° Divisione.
E dal Matese all’Adriatico?
Passate le giornate di Salerno, e
perduta, il 27 Settembre, dopo violenti combattimenti, la base aerea di
foggia, la 1° Divisione tedesca Paracadutisti indietreggiò prima dietro
il Fortòre, poi dietro il Biferno. Quando si svelò un “pericoloso vuoto”
dice il maresciallo Kesselring, innanzi alla 1° Divisione Canadese che
puntava all’alto Biferno dove, data la velocità che la motorizzazione
imprimeva ai movimenti, poteva raggiungere presto Isernia, e minacciare
di fianco la linea sul Volturno, e perfino la linea Barbara o Reinhardt.
La 2° Divisione colmò questo vuoto,
attestandosi dal Matese fin oltre Campobasso.
***
La difesa tedesca era quanto di meglio si
poteva immaginare per la difesa di un fiume. Il terreno antistante al
fiume era piatto, ed offriva scarsa copertura sulla riva sinistra,
mentre la riva tenuta dai Tedeschi offriva settori di montagne da dove
si poteva osservare e dominare con artiglieria pesante specialmente il
varco di Triflisco, lì dove si supponeva sarebbe avvenuto uno dei
principali passaggi di truppe con armi ed equipaggiamento pesante. Ben
piazzati su quelle colline, i Tedeschi potevano annientare qualsiasi
tentativo di costruire un ponte. Ad Oriente del ciglione di Triflisco, i
Tedeschi trincerati sulle colline Monticello e Mesurìnola, vi trovavano
una linea avanzata rispetto a quella vera rappresentata dai monti S.
Croce-Caruso-Maiulo, sui quali erano saliti da Stangolagalli, Morrone e
Vallata.
Mentre stavano in attesa sulla riva Norda
avevano seminato di mine i campi, scavato fosse per piazzarvi cannoni, e
organizzata un sistema di disposizione dei nidi di mitragliatrici a
fasce di fuoco allacciantisi, per tenere sotto controllo la riva.
L’artiglieri, costituita da unità mobili, era tenuta dietro le unità
avanzate, pronta ad accorrere dove vi fosse minaccia.
La difesa delle coste, stabilita dallo
Stato Maggiore italiano negli anni precedenti la guerra, era caduta
nelle loro mani, e gl’Inglesi, dopo Castel Volturno dovevano eliminare pill-boxes,
ossia piccole casematte di cemento, quasi invisibili e perciò insidiose,
che sarebbero state di rinforzo alle trincee fatte scavare negli ultimi
giorni da Italiani deportati per questo. I tre giorni di ritardo avevan
permesso anche la costruzione d numerose fox-holes, le tane di
volpe scavate e munite.
Ma il 3 Ottobre, già sappiamo, gl’Inglesi
sbarcano a Termoli, e questo turba gravemente il piano tedesco di
difesa. Kesselring voleva che si trasferisse nel Molise la 16° Divisione
corazzata attraverso il valico Venafro-Isernia, ma si oppose Von
Vietinghoff. Egli prevedeva lo sforzo maggiore degli Alleati proprio al
centro, sulla Casilina, in direzione di Roma, per cui, mentre voleva
mantenerla a Nord di Capua, in sua vece avrebbe inviato sul nuovo fronte
la 3° Divisione corazzata, sguarnendo così forzatamente il Medio
Volturno nella sua apertura ad Est, fra Castelcampagnano e Faicchio. Ma
Kesselring non condivise i dubbi di Von Vietinghoff, e impose
l’immediata esecuzione dei suoi ordini.
Ma la 16° avrebbe logorato i mezzi
cingolati sulle montagne. Passarono quattro ore di disguidi e malintesi
da superare. Kesselring seppe con sorpresa dal Generale Westphal suo
Capo di Stato Maggiore che, alla sera del 3, non era ancora partita.
Finalmente la mattina del 4 partì e, passando per Pietravairano,
Venafro, Isernia, il 5 era sul Biferno.
Vi arrivò in ritardo, e fu lanciata alla
spicciolata, ma in tal modo non riuscì a buttar a mare gl’Inglesi.
Sul Volturno la 16° fu sostituita dalla
3° Divisione che, verso il 10 Ottobre controllava un fronte molto più
ampio, logicamente spezzettata in reparti. Il grosso sarebbe arrivato
nel punto dove gli Alleati avessero iniziato l’attraversamento.
Il confronto numerico non era certo
favorevole ai Tedeschi.
***
Qualche particolarità sulle divisioni
tedesche.
La 15° Panzer Grenadieren era
comandata dal Generale Rodt, ed era costituita dal 115 Battaglione di
ordinanza, da tre reggimenti di granatieri corazzati, il 104°, il 115° e
il 129°. Bisogna aggiungere il 115° Battaglione corazzato e il 33°
Reggimento di artiglieria. Di essi uno era in prima linea, mentre gli
altri sorvegliavano la costa fino al Garigliano.
La “Herman Göring” era comandata dal
Generale Konrath, ed era composta da: Btg. HG. Di ordinanza, 1° e 2°
Reggimento di Granatieri corazzati, un reggimento corazzato HG., e un
reggimento HG. d
i artiglieria. Aveva un armamento
superbo. Era dotata di cannoni semoventi per assalto e contraerei, e per
questo aveva una potenza di fuoco superiore al normale. Era stata
riformata dopo la pratica distruzione in Tunisia.
La 3° Divisione P. G. c’interessa più da
vicino.
Comandata dal Generale Gräser, era
composta dal 103° Battaglione di ordinanza, dall’8° Reggimento, dal 29°
e dal 103 Battaglione corazzati, e dal 3° Reggimento di Artiglieria.
Stava apprestando difese al suo settore. Caduto il piano di Von
Vietinghoff di trasferirla sul Biferno, tenendo la 16° in riserva dietro
la “H. Göring”, le spettò la difesa tedesca da Triflisco fin quasi a
Faicchio.
La Divisione non era completa.
L’8° Reggimento fino a tutto Ottobre era
stanziato per la difesa costiera. Solo il 3° fu impiegato sul Calore. Il
29° vi fu lanciato a metà del mese. Il Reparto 312 Heerflak rimaneva
nell’area di Venafro, in funzione antiaerea. La maggior parte del
Pioniere, con il Battaglione dello Stato Maggiore, affidato al Maggiore
Wegener, stava nella linea Bernhard fin da metà Settembre, e pensava a
costruire post
incompleto.
Il settore che si stendeva fino a Telese,
era comandato dal Capitano Haen (Kdr. Pz. Rep. 103). Ma in questo
settore s’erano disposti il I./A.R. mot. 3, del Maggiore Petzel, e parte
del 71° Reggimento Nebelwerfer. Vi appartenevano 1° e 3° Reparto 103.
A destra si schierò il I./G.R. mot. 8, e a
sinistra, fin dall’8 Ottobre, la Pz. A.A. 103.
A sinistra presso Faicchio, si schierò la
KGr. Viebig, della 26° Pz. Div. Ma la 2° stava schierata oltre il Matese,
e le truppe di Viebig furono incorporate alla 3° Divisione.
Non era sfuggito ai Tedeschi il valore
militare dell’ambiente.
Certo, non tutto il fronte sul Volturno
era sicuro per essi. Da Capua al mare, unico ostacolo per gl’Inglesi era
la larga corrente del fiume, e nient’altro. E da Castel Campagnano al
Mates, il Volturno senza il Calore non offre serio ostacolo al guado, e
i movimenti logistici e tattici nella pianura fra Amorosi e il Titerno,
hanno ogni possibilità. Sono le terre percorse da Annibale ventitré
secoli prima. E, lo stesso può dirsi più a Nord sui penepiani e sui
terreni ondulati fin sotto monte Acero. Dunque il centro – le colline ai
due lati di Caiazzo – era più forte, e le due ali, deboli.
Sfruttando il fatto che in vari posti del centro la riva destra è più
elevata della sinistra, i Tedeschi avevano steso, già s’è visto, un
primo cordone di uomini dotati di mitragliatrici. L’artiglieria era
piazzata a copertura del fiume, e la fanteria, sorretta da carri armati,
era in posizione di attacco. Dietro, unità mobili, in pronta riserva.
Da Eboli in poi le munizioni scarse
avevano imposto la ritirata. Ora le munizioni erano giunte, e sul
Volturno avveniva la prima resistenza tedesca. Unica debolezza,
quell’area.
Erano 18
chilometri di fronte. Su esso potevano solo
ritardare il varco e l’avanzata ai loro nemici. E questo fu l’ordine che
ricevettero i 35.000 uomini del XIV Corpo d’Armata corazzato.
Le vie per un’ordinata ritirata erano
tre: la Triflisco-Liberi-Dragoni, la Caiazzo-Dragoni, e la
Telese-Faicchio-Piedimonte.
L’Armee aveva imposto agli
Americani l’ultima sosta a Marcianise, per rendere possibile il
deflusso, il 3 e 4 Ottobre, di tutte le truppe attraverso il ponte di
Annibale.
La 3° Divisione già in posizione dal 2 Ottobre, ebbe 10 giorni di tempo
per disporsi. Il Quartier generale HKL, era vicino, e l’8 Ottobre,
veniva spostato in una località a Nord (pare, presso Alvignano).
Gli ultimi giorni che precedettero
l’attacco americano, furono più inquieti. Così, nel pomeriggio e nella
notte dell’11 Ottobre aumentarono i tiri di disturbo dei cannoni e i
voli di ricognizione americani.
A causa della lentezza degli Alleati, il
Quartier Generale germanico non poté stabilire i centri di gravità e le
direttive di attacco.