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PIETRAVAIRANO NEL DRAMMA DELLA GUERRA
 testi e foto di Pino Ange

Nel 1943, la caduta del Fascismo, la "cobelligeranza" con gli Alleati anglo-americani, ebbe come conseguenza l'occupazione militare tedesca di tutta la penisola.
Durante l'autunno di quell'anno Pietravairano divenne uno dei capisaldi della ritirata tedesca dopo la battaglia per l'attraversamento del Volturno del 12-13 ottobre 1943.
Dal 9 settembre, truppe tedesche iniziarono a transitare per il suo territorio portandosi verso le importanti linee difensive Barbara, Bernhardt e Gustav.
Il 20 settembre, all'arrivo delle prime compagnie di soldati tedeschi, il gruppo di comando ordinò lo sgombero, entro due ore, dell'abitato della via S. Antonio Abate. Nelle giornate successive, quasi la totalità delle abitazioni furono sottoposte a saccheggi e ad incendi, da parte dei guastatori tedeschi.
Nel pomeriggio dell'11 ottobre, il Podestà Nicola Di Meo fu costretto ad emanare il bando di sgombero della parte alta del paese. Il giorno seguente più della metà delle case furono saccheggiate ed incendiate, altre minate e demolite. Tra le macerie furono recuperati anche i corpi di alcune vittime dell'incendio, che durò tre giorni, durante i quali i tedeschi impedirono alla popolazione di avvicinarsi.
I cittadini, intanto, si erano rifugiati in ricoveri di fortuna, tra i quali si ricordano quelli a Tramonte, a Sant'Eramo, in prossimità di vico Baglio, alla Grotta dei Tarri, alla Cappella delle Vesche e del Convento di Santa Maria della Vigna.
Nei giorni successivi, il paese fu interamente minato. Iniziarono i saccheggi, le requisizioni, gli incendi, i soprusi a danno della popolazione locale. Due cittadini vennero giustiziati da soldati tedeschi, altri morirono urtando mine S, fili di ferro per sgambetti e trappole esplosive.
Il 28 ottobre, dopo tre giorni di bombardamenti incessanti, i fanti americani della 3^ Divisione occuparono Pietravairano. I cronisti del tempo scrivevano che per "le truppe nordamericane i combattimenti presso Pietravairano e Sant'Angelo Vecchio si possono considerare i più cruenti dopo quelli di Salerno".
Le fasi dell'attacco americano sono testimoniate da un reportage edito dal settimanale americano "LIFE" che, nel numero del 3 gennaio 1944, presentava una serie di disegni, a firma dell'artista americano George Biddle, relativi agli scontri verificatisi nei territori di Pietravairano e San Felice.
L'arrivo degli alleati nel paese fu salutato con gioia dalla popolazione che, dopo quasi due mesi, poteva finalmente uscire dai rifugi.
Le condizioni alimentari erano precarie e gli alleati fornirono, a gran parte della popolazione, cibo e vestiario per far fronte alle prime necessità.
Distrutta per oltre il 60%, oltre che per gli incendi tedeschi anche dai pesanti bombardamenti alleati, Pietravairano alla fine del conflitto contò le proprie vittime civili: 59 cittadini persero la vita nei giorni del terrore nazista e nei mesi successivi urtando ordigni tedeschi e alleati. Se ad essi aggiungiamo i 21 militari caduti sui fronti di guerra otteniamo il tragico bilancio di 80 vittime.

 

Soldato Americano morto il località Grotte.Rivista Americana LIFE.bulletANNO 1943 Accampamento Americano in località Paragnano. 

Bibliografia:  Angelone G. Vitagliano G. (a cura di), Pietravairano nella bufera delle guerre mondiali -Catalogo della mostra fotografica e documentaria (5 novembre-18 dicembre 1994), Ed. Pro Loco, Pietravairano, 1996.
· Angelone G., Pietravairano: dall'occupazione nazista alla liberazione alleata, Vairano Scalo 1998.

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IL PONTE SUL VOLTURNO

Fugace excursus tra i libri di Antonio Gaetani

a cura di Mario N. Giuliano

 Nella tarda mattinata del 23 Ottobre 1943, la temibile retroguardia della Decima Armata tedesca, composta dai guastatori della 3a divisione motorizzata, in lenta ritirata verso Cassino, fece saltare in aria, dopo averlo minato, il ponte sul Volturno tra Raviscanina e Pietravairano

Dal punto di vista strategico-militare, fu un’operazione assolutamente ordinaria, fatta con l’intento di creare disagio logistico tra le forze alleate operanti sulle due sponde e di rallentarne l’avanzata.

In questo articolo, con l’ausilio delle notizie ricavate dal piccolo fondo Antonio Gaetani presente nella Biblioteca dell’Associazione Storica del Medio Volturno, si tenterà di mostrare le traversie politiche che si dovettero superare per arrivare alla sua realizzazione.

Il primo documento che vi si trova, in ordine di tempo, è un “piccolo lavoro”, a suo dire, “scarso di merito, povero di facondia” composto dall’ingegnere civile Giuseppe Garzia e presentato al Consiglio Provinciale di Terra di Lavoro nella sessione del settembre 1863. Esso è, indubbiamente, un lavoro di parte col quale l’autore candida all’approvazione del Consiglio tre suoi progetti, opponendoli alle due proposizioni già avanzate dall’ing. Giustino Fiocca su invito dell’Amministrazione stessa. La differenza fondamentale che appare nelle proposte fatte dai due tecnici è la scelta del luogo nel quale compiere l’opera per attraversare il Volturno: la scafa di Baia per Fiocca, quella di S. Angelo per Garzia.

Accontentandoci di aver segnalato anche questa fonte a quanti vorranno approfondire la polemica sulla localizzazione del ponte che per tanti anni tenne accesi gli animi delle popolazioni e dei rappresentanti politici locali paralizzandone la realizzazione, concentriamoci sulla parte del capitolo primo nel quale il Garzia, nel sostenere le sue tesi, accenna ampiamente alle pratiche fino ad allora espletate per costruirlo. 

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1. In gennaio 1833 l'Ingegnere Panico presentava il progetto, che venne approvato con Ministeriale dell'Interno del 27 febbraio seguente, per la strada poscia da lui stesso diretta, che mette in comunicazione quella degli Abbruzzi con la Sannitica, e nel primo tratto fra Pietravairano ed Alife all'art. 2, era proposto il ponte nel sito detto Scafa S. Angelo, da formarsi con pile di fabbrica e travate di legno, il di cui importo si facea ascendere alla presuntiva spesa di duc. 14,000. Tale strada veniva saggiamente condotta dal Panico nel modo come ora vedesi, cioè diramandosi da quella degli Abbruzzi al miglio XXIX giunge con piccole sinuosità fin sotto Pietravairano, da dove con un magnifico rettifilo di miglia tre, attraversa il Volturno ov'è la scafa conosciuta sotto la denominazione di S. Angelo o di Pietravairano, ma meglio direbbesi di Raviscanina nel cui territorio è compresa, e quindi volgendo ad Oriente conduce ad Alife e Piedimonte, d'onde si distende verso Gioja e la Sannitica.

E' notevole che fin da quell'epoca, il dotto Ingegnere Panico che tanta buona fama ha lasciato di sé, chiamato a progettare la più facile e breve comunicazione fra Piedimonte e la strada degli Abbruzzi, propose egli la linea in parola, che fu superiormente approvata, ed eseguita col plauso generale di quelle popolazioni, per essere infatti una strada ottimamente prescelta e condotta, stante la campagna aperta e piana che attraversa, ed il suo regolare profilo, quasi a livello per tutta la lunghezza.

Eseguitasi tale strada nel periodo di molti anni, veniva differita la costruzione del ponte. Finalmente nell'anno 1852 formatosi il progetto della strada, indi costruita, che diramandosi dalla prima presso la Scafa S. Angelo conduce per sotto Ailano e Pratella fino a Prata, si pensava novellamente al bisogno del ponte, reclamato sempre dal Circondario di Piedimonte, per la infelice condizione di rimanere svariate volte nel corso dell'anno segregato dal resto della Provincia, per l'ingrossarsi del Volturno; ponte che apre la più facile e spedita comunicazione, stante che sullo stradale da Piedimonte a Caserta, fino a che non ne saranno fatti due sulle Scafe di Laurenzana e di Cajazzo, non sarà punto migliorata la condizione di quel cammino.

2. Il Consiglio Provinciale nella sessione dell'anno 1853 ne esprimeva un primo voto, che reiterava nel maggio 1854 così formulato:

"Domanda la costruzione del Ponte sul Volturno sotto la Pietra, affinché la strada Provinciale che dal miglio 29 conduce a Piedimonte, non abbia interrotto il cammino nei tempi d'inverno".

Qual voto veniva dal Re accolto, e trasmesso al R. Ministero dei Lavori Pubblici art. 73 delle Sovrane risoluzioni.

3. Interpellatone l'Ingegnere Direttore dei Ponti e Strade in Caserta, che in quell'epoca era il sig. Tommaso Tenore, questi con rapporto del 19 febbraio 1855 diretto all'Intendente, accennava alle difficoltà maggiori per l'ampiezza del fiume, ed alla spesa per cui neppure il doppio di quella indicata dal Panico sarebbe sufficiente.

E' evidente che volendosi fare il Ponte interamente in fabbrica, la spesa dove a risultarne assai maggiore di quello a travate di legno e quasi provvisorio come intendeva costruirlo il Panico.

4. Del pari il Conte Francesco Viti che allora reggeva la Sotto-Intendenza di Piedimonte, caldamente propugnava in ogni riscontro la pronta attuazione delle opere pubbliche più urgenti ed interessanti al Distretto, in cima alle quali era reputato, come è difatti, il ponte alla Scafa S. Angelo. Talché con suoi reiterati e pregevoli rapporti esponeva l'impellente necessità di quell'opera, reclamata dall'intero Distretto (in nota: Tali rapporti che per brevità non trascrivo, meriterebbero di venir letti. Dessi portano le date 28 febbraio, e 11 agosto 1855, e 20 gennaio 1856), nel primo dei quali trascriveva il parere del Consigliere sig. Pece, così espresso:

"Inoltre non debbo tacerle di conoscere personalmente, ed ognuno può ravvisare lo stesso, che il materiale tutto inserviente per sì lodevole opera trovasi a breve distanza dal fiume medesimo, e che il ponte a farsi riuscirà di facile costruzione, potendosene buona parte eseguire a secco per indi poi deviarsi etc."

5. Lo stesso Conte Viti con la sua erudita prolusione al Consiglio Distrettuale di Piedimonte nella sessione 1855 diceva: "Da questo Capo-luogo alla Scafa S. Angelo sono miglia 8, o poco più, e da questa alla milliaria XXIX sul regio cammino degli Abbruzzi 5 1/2; di modo che fino a Capua si avrebbero m. 27 di strada sempre piana, agevole, ed in ogni ora del giorno animata; da preferirsi alla strada per la salita di Gradillo che, se più breve, obbliga a transitare due scafe".

"Il ponte sul Volturno a Raviscanina è dunque fuori di dubbio opera necessaria ed urgente per Piedimonte e buona parte del Distretto".

E poco appresso accennando alla continuazione della strada Bruzio-Sannitica, cioè quella che da Piedimonte, per Sipicciano, S. Potito, Gioja e Faicchio va ad incontrare la Sannitica verso S. Salvatore, aggiungeva:

"Si lavora a questa strada, ma con molta lentezza; ed è pur dessa interessante, utilissima ed essenziale a questo Capo-luogo che circoscritto dai tortuosi giri del Volturno rimane le più volte bloccato senza commercio, anzi con danno gravissimo del commercio stesso. Fintantoché o il ponte alla Scafa di S. Angelo non verrà costruito, o protratta la strada a S. Salvatore; sempre deplorevole e miseranda sarà la condizione di queste popolazioni. Date però la preferenza al ponte, pregate il Sovrano, e non abbandonate per un istante un'impresa, che dev'essere in cima ai vostri pensieri, finché non addivenga un fatto compiuto.

Vorrei infondervi tutta la premura ed ansietà che io sento pel compimento di siffatte opere, ed al più presto che si possa, per una di esse almeno.

Riunite dei capitali, animate una società o associazione di proprietari; e così solamente potrete slacciarvi con prestezza dalla prigionia che il Volturno v'impone".

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6. Non minori erano le premure che molti municipi avanzavano, e rimarcarsi fra l'altre la Deliberazione Decurionale di Piedimonte d'Alife del 26 luglio 1855 (in nota: Leggasi in ultimo fra i documenti giustificativi).

7. Del pari il Consiglio Provinciale nella tornata del 1856 reiterava le domande per detto ponte.

8. Finalmente con Rescritto del 12 novembre 1856 pel Ministero dei LL. PP. 1° Carico N° 7158, si ordinava la formazione del progetto.

In seguito a che l'Ingegnere Tenore replicava da Caserta con foglio del 19 gennaio 1857, chiedendo all'Amministrazione Generale di Ponti e Strade che avesse disposto all'Ispettore del ripartimento di andar seco lui a vedere quella contrada, onde scerre il più acconcio sito ove stabilire il ponte, tanto per la solidità, che per la regolarità ed economia.

9. Risultato di ciò fu la disposizione dell'Amministrator Generale suddetto data al Tenore in febbraio 1857, che avesse pria di ogni altro presentata la pianta e proffili longitudinali e trasversali dell'alveo del fiume per una sufficiente estensione sopra e sotto corrente.

10. Il detto Tenore con foglio 2 aprile 1857 assicurava l'Intendente che gl'IngegneriCassetta e d'Avitaja da lui spediti nel passato mese di marzo a fare gli studii di campagna, li aveano di già completati; lavoro che fu al dì 14 aprile detto rimesso dal Tenore all'Amministrator Generale di Ponti e Strade.

11. Tali elementi furono passati all'Ingegnere Ispettore Oberty, con incarico di recarsi sopra luogo ed esaminare le cose proposte dal Tenore, riferendo poi l'occorrente col suo parere.

12. Quindi al 28 novembre 1857 l'Amministrator Generale di Ponti e Strade scriveva all'Intendente ed all'Ingegnere Tenore, "che dopo lo avviso del Consiglio degl'Ingegneri, il Ministro dei LL. PP: il 14 detto 2° Ripartimento, 1° Carico N° 9058, ha disposto quanto segue:

"Ho letto nel suo rapporto del 3 ottobre ultimo due deliberazioni emesse da cotesto Consiglio d'Ingegneri in ordine alla costruzione di un ponte sul Volturno presso Pietravairano sulla strada da Alife al Regio cammino degli Abbruzzi, per le quali si conchiuse che debba situarsi qual ponte nel tratto rettilineo del fiume sotto-corrente della scafa, a poca distanza dai due rami esistenti di detta strada, che debba esso comporsi di 15 archi ognuno della corda di palmi 45, con fondazioni isolate se a conveniente profondità si troverà lo strato di tufo atto a piantare i piedritti, o con platea generale, se questo strato non si rinvenga, nel modo proposto dallo Ispettore del ripartimento, e che infine debba escludersi la idea di un ponte in ferro, come avea divisato il Consigliere Provinciale di Terra di Lavoro". E quindi si davano le disposizioni analoghe per la redazione del progetto artistico.

Il quale veniva infatti su tali norme compilato dall'ufficio degl'Ingegneri di Ponti e Strade della Provincia, e rimesso dall'Ingegnere Direttore sig. Ruggi (che in tal frattempo avea surrogato il Tenore) all'Intendente della Provincia in data 4 novembre 1858. Tale progetto presenta la spesa di duc. 91,800.

13. Il Consiglio Provinciale nella sessione di maggio 1859 così si esprimeva riguardo a tale opera:

"1° di concedersi a prezzo definito, e con altri patti la confezione del ponte.

2° di attuarsene in ogni caso i lavori a cura della Provincia, moderatone prima lo estimativo".

14. Comunicato al lodato sig. Ruggi la deliberazione del Consiglio Provinciale dianzi accennata, e chiesto il suo parere sulla restrizione da apportarsi alla spesa, egli con foglio del 24 febbraio 1860 N° 180, rispondeva all'Intendente:

"Il progetto dello importo di duc. 91,800 venne compilato in seguito di lunghe ed accurate investigazioni per ciò che riguardava il metodo di fondazione e la scelta del sito ove il ponte medesimo dovea stabilirsi, ed in tali operazioni intervenne pure l'Ispettore del ripartimento cav. Oberty.

Dalle operazioni fatte si trovò conveniente che lo estimativo dei lavori fosse elaborato nella ipotesi di doversi stabilire il ponte sopra platea generale, salvo ad adottarsi il sistema di fondazioni a pile isolate, se nella esecuzione si fosse rinvenuto un fondo di tufo di tale solidità da poter fare a meno della platea generale. L'alveo nel sito del ponte presenta un suolo di terra argillosa, e di arena o ghiaia, ma non improbabile che possa incontrarsi il tufo a qualche profondità dal perché se ne vedono dei segni tanto sopra che sotto-corrente a molta distanza da poter fare sperare che lo stesso possa verificarsi nel sito del ponte (in nota: Quando l'anno scorso presentai la mia memoria al Consiglio Provinciale, con i relativi progetti, io affermava lo stesso, senza ancora aver letto il surriferito rapporto del Ruggi, di cui ne ho avuto cognizione quando nel passato mese mi fu permesso di leggere lo incartamento). Qualora potesse farsi a meno della platea generale, si avrà un risparmio sull'ammontare del progetto di circa ducati 10,000 ed è questa l'unica economia sperabile, non potendosi moderare i prezzi dei varii lavori, essendosi ritenuti quelli delle attuali Tariffe in corso, ed ai quali non può portarsi altra riduzione".

15. A dì 3 Aprile 1860 l'Intendente sull'uniforme parere della Deputazione delle opere pubbliche Provinciali, spediva lo intero incartamento ai Deputati Marchese Buonpane e cav. Ungaro affinché si fosser resi sopra luogo, ed associati al Consigliere Pece avesser dato giudizio sulla riduzione della spesa e sul sito da preferirsi.

Tale incarico veniva da essi adempito e con riscontro del 16 aprile detto, dicevano aver percorso le sponde del fiume sotto e sopra corrente, ed aver osservato quanto segue:

"Indispensabile è la necessità di costruire il disegnato ponte, il quale rannoda i due tronchi di strada provinciale, apre con effetto il transito a molti Comuni che nell'inverno rimangono sequestrati per l'impedimento del fiume; ai Comuni stessi dà quasi una novella vita e perfeziona la bellissima strada Bruzio-Sannitica.

Però riandando i diversi progetti fatti, esaminando il sito prescelto per esso e che non può cangiarsi, sito che è quello stesso indicato fin dal 1833 dall'Ingegnere Panico, e sempre ritenuto dagli altri posteriori, ci siamo convinti che ivi soltanto e non in altro punto debba venire la costruzione. Abbiamo in seguito con minuto esame fatto sopra luogo, accompagnato dalle indagini raccolte da quei naturali e dagli analoghi chiarimenti somministratici dal Consigliere Pece, osservato che la condizioneidrografica del fiume non è punto diversa da quella indicata dal Panico nel suo progetto del 1833, poiché la sponda destra di esso è stata sempre più bassa della sinistra, così come è, senza aver sofferto le grandi piene ed in tanti anni trascorsi alcuna degradazione. Tanto ciò è vero che noi stessi i quali ci trovammo a guardare il fiume in quel punto precisamente in tempo di pioggia dirotta che da più giorni cadeva, non osservammo per ombra invasa dalle acque la sponda destra ch'é la più bassa".

Ed è quivi fatto la prima volta cenno di una offerta che intendeva presentare l'Architetto di Piedimonte signor Giacomo Torti.

16. A dì 27 aprile 1861 il Sotto Prefetto Bardari richiamava l'attenzione del Governo sulla urgenza del ponte alla Scafa S. Angelo, sviluppando i vantaggi economici che ne risultano al Circondario.

17. Il Dicastero dell'Interno in data 10 maggio 1861, preveniva il Governatore di Terra di Lavoro di aver trasmesso in pari data al Direttore dei Lavori Pubblici l'offerta dell'Architetto Torti pel detto ponte, con la quale in data 21 aprile 1860, il Torti esponeva voler costruire il ponte ed opere accessorie nel modo da esso progettato, esigendo un pedaggio, e dando facoltà alla Provincia di acquistarlo quando le piaccia mediante la spesa non maggiore di duc. 30.000.

18. Il Dicastero delle Finanze e LL. PP. con nota del 18 maggio facea noto al Governatore di Caserta:

Che il Ministro dei LL. PP. in data 11 detto da Torino gli spedisce copia di una deliberazione di 21 Comuni del Circondario di Piedimonte con le quali chiedono la costruzione di un ponte sul Volturno. E che comunicate le dette deliberazioni al Cav. Ranco delegato ad ispezionare le strade delle Provincie meridionali, esso col suo parere opinava fra le altre cose: "farsi le più vive istanze presso le autorità amministrative della Provincia, onde si proccuri la pronta costruzione del ponte nel suddetto luogo di S. Angelo, mediante il quale, oltre a rendere libera la comunicazione dei comuni posti sulla sinistra del Volturno colla strada nazionale che da Capua tende a Venafro, si aprirebbe pure ai comuni posti a monte di Piedimonte una strada per le più forti pendenze che incontransi lungo quest'ultima, sia pel nuovo incaglio che essa presenterebbe nel punto dove traversasi pure il Volturno alla Scafa di Cajazzo".

19. A dì 11 luglio 1861 la Direzione Generale dei LL. PP: scriveva al Governatore di Caserta, "che riguardo al progetto Torti il Consiglio Superiore degl'Ingegneri avendolo esaminato ha trovato che consiste in un ponte a soli tre archi, il medio di corda palmi 68, ciascuno dei laterali di corda palmi 34; e gli sembra non suscettivo di una seria discussione, onde avvisa che lasciando da parte il ponte come è ideato dal Torti, si debba sempre e necessariamente eseguire un ponte in quel sito".

20. Il 31 dicembre 1861, il Ministro dei LL. PP. scrive al Prefetto, che riandando sulla offerta Torti, desidera che sia sottoposto alla deliberazione del Consiglio Provinciale.

21. In vista di ciò la Deputazione Provinciale in data 9 gennaio 1862 spediva i due esistenti progetti al sig. Ruggi, per tenerli entrambi presenti, e formarne uno medio.

22. Al che il Ruggi replicava in data 17 detto mese, non potere apportare nessuna variazione al primitivo da lui redatto, che quello del Torti non risponderebbe per nulla al bisogno, né alla solidità dell'opera, sviluppandone le ragioni tecniche, e quindi restituisce tal quale i progetti.

23. A 17 maggio 1862 la Deputazione rivolgeva invito all'Ingegnere Fiocca, perché dasse un parere sui mentovati due progetti, per porla al caso di scegliere fra di loro, o farne elevare un terzo.

24. Varie altre pratiche passarono, ed al 17 luglio la Deputazione facultava il Fiocca a far quanto credeva necessario all'uopo, inclusi accessi ed esperimenti, e quando non potesse attenersi né all'uno né all'altro dei due progetti, elevarne un terzo, premurandolo a darne il risultato prima del 15 agosto 1862, affin di presentarlo al Consiglio Generale nella sessione del settembre prossimo.

25. A dì 15 settembre 1862 il Consiglio Generale deliberava:

"Art. 136. Che il Fiocca, già incaricato dalla Deputazione, continui a studiare il sito in cui meglio si possa costruire il Ponte; e laddove egli trovi più adatto un sito diverso da quei designati nei progetti precedenti, ne sia fatto un nuovo progetto.

Qualora il sig. Fiocca non possa eseguire lo incarico, è data alla Deputazione facoltà di surrogargli altri".

26. E nella tornata XI del giorno seguente il Consiglio a maggioranza di voti stabiliva: "Riserba a sé il deliberare se il nuovo progetto che potrà esser fatto del Ponte si debba o no approvare".

27. Fu in quell'epoca cioè al 17 settembre 1862, che io presentai al Consiglio Provinciale una memoria ed una cartiera con tre progetti pel Ponte alla Scafa S. Angelo, pel qual lavoro s'incaricava la Deputazione a ritenerlo presso di sé, e gentilmente retribuirmi le azioni di grazie. Parve ozioso portarvi esame prima che il sig. Fiocca avesse presentato i risultati del suo incarico, tanto più che in quell'epoca già aveva svolto le sue idee per stabilire il ponte a Baja anziché a S. Angelo, come si è potuto vedere accennato nelle risoluzioni del Consiglio Generale e della Deputazione, a cui si eran da lui sottomesse le sue vedute generali (B).

28. Ed al 25 settembre detto la Deputazione estendeva al Fiocca lo incarico di esaminare se il sito del "progetto esistente, fosse sotto il triplice aspetto tecnico, economico, e finanziario il migliore possibile, o se invece altro non ne sia da preferirsi. E nel secondo caso lasciando da parte i progetti esistenti si occupi di elevarne un terzo, che abbracci anche i necessarii tronchi di strada che lo mettano in comunicazione con le strade esistenti, e dia uno sguardo alla linea da Baja a Riardo che deve completarsi, chiamando a sé per quest'ultima parte l'Ingegnere Nucci che ha progettato i lavori di completamento".

29. A dì 29 settembre detto il Prefetto informava il Ministro dell'Interno dell'operato, e dell'incarico dato al Fiocca. Ed il sullodato Ministro riscontrava da Torino il 10 ottobre, rimandando vidimato un esemplare della deliberazione 16 settembre prossimo passato, colla quale il Consiglio Provinciale riserbava a sé la decisione intorno al progetto da adottarsi pel detto ponte ed aggiungeva:

"In ordine al quale affare lo scrivente le accenna fin d'ora ad ogni buon fine, che il progetto che sarà per adottarsi dovrà, prima che si proceda al relativo appalto sottomettersi alla disamina della superiore autorità tecnica per i provvedimenti di sua competenza in linea d'arte".

30. Frattanto divulgatasi nel Circondario di Piedimonte la nuova che il Fiocca chiamato a dar parere pel ponte a S. Angelo, proponeva invece allogarlo a Baja, su di che tentennava dubbiosa la Deputazione, a libere manifestazioni si raccoglievano i varii Municipii, talché quelli di Piedimonte d'Alife, Letino, Prata, Fontegreca formolavano deliberazioni esprimendo i loro voti più ardenti perché sia adottato il sito di S. Angelo anziché quello di Baja, mentre Pietra Melara pel suo pro deliberava contrariamente (C).

31. A 7 novembre 1862 il Fiocca assicurava la Deputazione aver disposti gli studii, che quando compiuti, avrà cura d'inviare senza ritardo la sua relazione. Che avea percorso la strada da Baja a Riardo, e chiedeva l'esistente analogo progetto del Nucci, che la Deputazione a 15 detto mese ebbe cura d'inviargli.

32. Sollevata così una forte disparità di opinione sul sito ove impiantare il ponte, la Deputazione a 20 novembre detto invitata i Consiglieri Provinciali del Giudice, Gerardi, Jacobelli, Mazziotti, Jannuccilli, e Zarone ad assistere agli studi locali commessi al Fiocca (in nota: Però attesa l'assenza del detto Ingegnere il quale rimase per più mesi nell'alta Italia, gli studii locali furono aggiornati, e solo andava per farli in maggio prossimo passato accompagnato dai signori Michele Scotti di Pietra Melara, e Giovanni e Leopoldo Borrelli di Baja Latina, quando ebbe la sventura di esser catturato dai briganti. Ma i Consiglieri suindicati non furono invitati ad assisterlo, e quindi non parteciparono al suo infortunio).

33. Dietro avviso di quest'ultimo stabilivasi dalla Deputazione di tenere coi prenotati Consiglieri una sessione in Caserta pel dì 19 marzo corrente anno, ove il Fiocca fece una relazione delle cose osservate, e formolava il suo parere. - Però per un dispiacevole ritardo, gli avvisi per tale sessione non arrivavano che il giorno medesimo ai Consiglieri del Circondario di Piedimonte signori del Giudice, Gerardi, e Jannuccilli, ai quali più interessava l'opera e perciò non vi preser parte.

Pur tuttavia la Deputazione in seguito di tal sessione, scriveva a dì 27 marzo al Fiocca: che riconosciuti i grandissimi vantaggi che deriverebbero dal prescegliere il sito da lui indicato vicino ai ruderi dell'antico ponte d'Inferno, ed a sviluppo dell'incarico affidatogli, con deliberazione del 25 settembre 1862, lo invita a formare un progetto definitivo per la strada da Baja a Riardo, ed occuparsi della rimanente linea da Baja alla Consolare di Piedimonte passando per Dragoni ed Alvignanello, con le opportune deviazioni all'obbietto, ed oltre le traverse da Baja al Volturno, da Volturno alla strada di Piedimonte, e dalla strada di Baja alla taverna di Pietravairano".

34. Affin di dare esatta cognizione delle cose stabilite, ai signori Consiglieri Provinciali che furono assenti nella prima sessione, e far tesoro dei loro lumi, la Deputazione stabiliva tenere seco loro un'altra adunanza a dì 16 giugno ultimo, alla quale intervennero tutti non meno che il signor Fiocca (unico Ingegnere fra di loro). PRIMA PAGINA HOME

Nella stessa sezione seguono i due rapporti dell’ing. Fiocca “intorno al Ponte da costruirsi sul Volturno alla scafa di Baja e Latina” e le sue due proposte mentre negli altri capitoli l’ing. Garzia, come già detto, sfoggia il suo ingegno per confutare i dati proposti e ad illustrare i suoi progetti.

 Noi ci fermiamo qui anche perché, fattaci un’idea di quanto avvenuto in passato, vogliamo scorrere le altre carte e continuare a seguire le sorti del ponte nei decenni che chiudono il secolo XIX.

Fatto è che la questione dopo qualche anno si arenò e le motivazioni si ricavano da un discorso del 1885 di Nicola Ventriglia sfociato in proposta di deliberazione al consiglio provinciale che “non fu votata per essere stata sospesa e rimandata la discussione a dopo la pubblicazione della legge sulle convenzioni per l’esercizio delle Ferrovie”. Leggiamo:

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La provincia à un vecchio debito verso la contrada alifana, debito legale, debito obbligatorio. In quella contrada vi à una strada provinciale tagliata dal Volturno presso Pietravairano: è la strada che da Piedimonte per Alife e Pietravairano si allaccia all’antica Nazionale degli Abruzzi al miglio 29, e porta alla stazione ferroviaria di Caianello e mena al Porto di Gaeta per Teano e Sessa. I reclami per la costruzione di un ponte sono sopiti, perché i poco esigenti Comuni della contrada hanno avuto fede nei loro rappresentanti nel Consiglio della Provincia, e questi alla loro volta non hanno mai disperato della Ferrovia che avrebbe assorbita l’opera del Ponte. Né solo del ponte à bisogno quella strada provinciale, ma anche di radicale rettifica del tratto da Pietravairano a Marzanello resosi non solo incomodo alla viabilità, ma pericoloso e disastroso anche per le ordinarie vetture da viaggio. Ebbene del Ponte a Pietravairano il Consiglio non à sentito più parlare dal 1866, e tutta la radicale rettifica si è ridotta dopo 15 anni alla sostituzione di un brevissimo nuovo tratto non ancora costruito.

Or se l’ultimo tentativo per la ferrovia Telese-Caianello fallisse e non potrebbe oggi fallire che pel voto negativo del Consiglio, la Provincia sarebbe inesorabilmente obbligata a costruire il Ponte a Pietravairano; e questo obbligo glielo impongono la legge e la civiltà. Dovrebbe perciò sobbarcarsi ad una spesa per lo meno di L. 300.000 non compreso i tronchi di accesso, necessari se si spostasse l’attuale sito del passaggio del fiume con scafo e zattera ...

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Dunque, ad un certo punto, si era prospettato di risolvere il problema del ponte includendolo nel progetto di una ferrovia che attraversasse in lunghezza la vallata del Volturno.la sessione ordinaria del consiglio provinciale tenuta il 22 ottobre 1886, per far fronte ad 11 capitoli di spese, venne proposto e votato di contrarre un prestito, a rate annuali, con la Cassa Depositi e Prestiti di L. 2 milioni. Al 2° punto vi era il Ponte sul Volturno a Pietravairano con un costo previsto di lire 450 mila.

L’Ufficio Tecnico, successivamente, allestì un progetto di ponte in muratura per L. 370 mila che il consiglio, nella sessione ordinaria del 26 Ottobre 1888, non ritenne di approvare preferendo votare l’esecuzione di un “ponte in ferro a due travate parallele, l’una per la strada ordinaria, l’altra a servizio della Ferrovia Telese-Caianello, da costruirsi quando la detta ferrovia venisse concessa secondo modalità da convenirsi”.

Il progetto di massima, presentato dall’Impresa Industriale Italiana per Costruzioni Metalliche indicava una somma che variava dalle 530.505 alle 533.820 lire, mentre l’Ufficio Tecnico prevedeva un spesa di lire 341.000 ma con il servizio limitato al solo traffico ordinario.

Il Consiglio deliberò, equivocando, la soluzione di un ponte a travata metallica a doppio servizio approvando però l’importo previsto dai propri tecnici per l’altra ipotesi. Dai Resoconti Amministrativi e dagli Atti apprendiamo che “Nella tornata 11 Maggio 1891 il Consiglio fu informato dell’equivoco in cui si cadde quando fu approvata la spesa per questo ponte”, disponendo di conseguenza di rassegnare al Ministero dei Lavori Pubblici per l’approvazione, come da due anni continuava a richiedere il Ventriglia “l’unico progetto completo esistente per questo ponte, e cioè quello per un ponte in muratura col solo servizio ordinario e con una spesa di £ 370.000. Questo anche perché, per dirla con le parole del consigliere Lonardo, “consta che la ferrovia per qualche altro punto potrà passare meno per quello dove si propone di gittare questo ponte sul Volturno”.

Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, con lievi varianti approvò il progetto sottopostogli dal suo Ministero suggerendo tuttavia di richiederne uno più completo comprensivo delle opere di regimazione del fiume”.

A questo punto la Deputazione ritornò a preferire un ponte metallico e bandì un primo concorso, fallito per la mancanza di opere di regimazione, al quale parteciparono l’ingegnere Tessitore, la Società Nazionale delle Officine di Savigliano e la Società Industriale delle Costruzioni Metalliche, ed un secondo che arrivò a scadenza senza che alcuno si presentò a concorrere. Fuori tempo soltanto la detta ultima società, offrendosi di eseguire l’opera ad un cottimo di lire 335.000, presentò un progetto che, ciò nonostante, fu inviato al Ministero il quale, a sua volta, stante il parere favorevole del Consiglio Superiore, ne autorizzò l’esecuzione.

Concludiamo seguendo il dibattito avvenuto in seno al Consiglio Provinciale durante la tornata del 4 Aprile 1894 premettendo, per una migliore comprensione, che nel frattempo la Cassa Depositi e Prestiti “dovendo fornire due milioni e mezzo all’anno allo Stato per la nuova legge sulle pensioni”, dopo le prime 500.000 lire, non aveva potuto più versare alla Provincia le altre rate del prestito di due milioni.

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 Ai lavori necessari per minare il ponte furono costretti a partecipare anche giovani rastrellati nei due paesi come testimonia Giuseppe Ferraro, Per mio fratello Giacomo ..., in “Narrazioni”, vol. II n. 4, p. 22.  Per le operazioni di guerra svoltesi nella zona si possono consultare oltre a vari altri numeri del periodico di cultura citato diretto dal dott. Antonio Malorni: Dante B. Marrocco, La Guerra nel Medio Volturno nel 1943, 1974, pp. 193-94; Antonio De Sisto, Raviscanina, Paese Mio, 1988, pp. 27-28; Flavio Russo, Dai Sanniti all’Esercito Italiano – La Regione Fortificata del Matese, pp. 262-266. 

Alcuni giorni primi stessa sorte era toccata all’altro ponte sul Volturno tra Dragoni e Alife sulla storia del quale è possibile leggere in Annuario ASMV 1977 “Brevi notizie sul ponte Umberto-Margherita …” del prof. Mario Fabrizio

 Antonio Gaetani d’Aragona, nato a Piedimonte nel 1854, morì suicida a Napoli il 27 Aprile 1898. Laureato in legge presso l’università di Napoli, fino alla morte, fu consigliere provinciale (dal 1885) e deputato parlamentare repubblicano del Regno d’Italia in tre diverse legislature (dal 1892), scrisse l’opuscolo Gemme Costituzionali (v. Marrocco Dante, Piedimonte Matese, III edizione, 1999, pp. 188-89, 204-05; Imbriani Matteo Renato, In Memoria, 1900). Nella biblioteca dell’ASMV, chissà da quando, sono conservati, privi di qualsiasi segno di catalogazione, un discreto numero di interessanti pubblicazioni che gli appartennero. In appendice a questo articolo ne propongo un elenco.

 Sulle ragioni della realizzazione, le caratteristiche e i dati principale dell’opera, si segnala il lavoro del pres. Antonio De Sisto “La costruzione della strada da S. Angelo a Prata e il comune di Raviscanina” in Annuario ASMV 1979

Ventriglia Nicola, le ferrovie di quarta categoria della provincia di Terra di Lavoro – Discorso e proposta al Consiglio provinciale, Piedimonte, Bastone, 1885, p. 10. Per l’approfondimento della figura di questo benemerito personaggio si possono utilmente consultare le Memorie raccolte da M. L Ventriglia e coordinate da D. G. Rocereto,  nell’opuscolo intitolato a lui,Operatore sociale del secondo Ottocento,  edito nel 1994.

 Una buona sintesi storica della ferrovia Telese-Caianello è in Marrocco Dante, Piedimonte Matese, III edizione, 1999, pp. 381-384.

 Egli si era pure fatto promotore di un voto, rimasto senza esito, del Consiglio Provinciale al Governo affinché si fosse spostato a Pietravairano “il ponte stabilito dalle Legge 1881 sul Volturno al passo di Alvignanello contraddetto dalla Provincia di Benevento”.

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https://asmvpiedimonte.altervista.org/Guerra_Medio_Volturno_1943/Guerra_cap_IV.html

 

La battaglia del Volturno

 

12 Ottobre: la notte scese sul Volturno. Una notte di luna piena che inargentava meravigliosamente la fertile vallata, in una visione di pace e di sogno. Ma era guerra; la calma era apparente, e tradiva l’ansia per qualcosa di imminente. Le pattuglie americane che sotto tanto chiarore venivano scoperte, davano occasione a mitragliamenti localizzati, e a segnalazioni di fiamme colorate, come tutte le notti…

Ma dietro le colline tifatine, nei bivacchi americani tutto un movimento di truppe, di motori, di attrezzature, studi di traiettorie di tiri… e lunghe colonne di uomini in marcia… Sull’altra sponda, silenzio! I Tedeschi erano lì invisibili, appostati e decisi.

Alle 24, ora zero stabilita da Clark, all’improvviso, l’impressionante silenzio divenne un Inferno! Seicento cannoni tuonarono insieme su tutto il fronte! Alle cannonate tonanti fecero eco le esplosioni dei mortai e centinaia di crepitanti mitragliatrici che da monte Tifata sputarono fuoco su Triflisco.

Subito, sorretto dalle compagnie ed armi pesanti del 30° Fanteria, il 1° Battaglione del 15° Fanteria sotto la via statale 87, cominciò ad attuare l’ordine del colonnello Rogers di fare con forza, demonstrate vigorously, la finta dimostrazione di assalto sul fianco sinistro della Divisione.

Un’ora dopo, alle 01,00 la 3° Divisione apriva il fuoco sulla riva Nord. Si tirava sui bersagli identificati nei giorni prima. Una pioggia di proiettili che durò un’ora. All’1,55 la nuvolaglia nera delle bombe fumogene nascose i posti da attaccare. Cinque minuti dopo, alle 02,00 cominciò l’assalto.

Il 7° Fanteria tentò l’attraversamento accosto alla penisoletta che forma la piega a uncino, haipin-chaved loop. Il 1° Battaglione sotto corrente, il 2° e il 3° Battaglione controcorrente più in alto.

Alle 24 era cominciata la diversione a sinistra, in base alla quale il 1° e il 3° Battaglione stavano occupando un’area avanzata, nascosta in un profondo fossato sul fianco Nord di monte Tifata, nei pressi della masseria Mazzarella; il 2° Battaglione e il posto di comando del reggimento, finora nascosti nella valle fra monte San Leucio e monte Tifata, si muovevano su una traccia di via ampliata negli ultimi giorni dal 10° Battaglione Genio per farci passare carri armati e pezzi anticarro.

Il 1° Battaglione uscì dal suo campo alle 00,45. Gli uomini portavano cordami per far da guida, pontoni di gomma e zattere.

Mentre i reparti carreggiati si travagliavano per far scendere sulla riva battelli di gomma e zattere pesanti, i reparti di assalto passavano a guado o a nuoto la corrente fredda e violenta per fissare le corde su appigli della riva opposta.

La riva Nord è alta. Cessato il formidabile cannoneggiamento, e prevedendo l’assalto, i Tedeschi iniziarono un violento tiro di mitragliatrici che doveva colpire sull’altra riva. Apparivano strisce di fumo rosso a incrocio, a criss-cross, a qualche metro sopra la testa degli audaci che ormai assicurati, vollero strafare. Ma i canotti, tutti insieme erano troppi, e si urtavano; e ci voleva una fatica tremenda a tenerli, dato che la corrente li portava via. Gli alberi quasi in bilico sulla ripa, ai quali furono attaccate le funi, se ne vennero giù; le zattere venivano calate in acqua una per una… Si profilava un disastro!

Senonché, oscurità e fumo da una parte, l’altezza della ripa dall’altra, salvarono gli Americani. I mitraglieri tedeschi sparavano troppo alto. Sì, però le ore volavano. Con la luce del giorno il fuoco tedesco si sarebbe aggiustato, a parte i corpi scelti, le masse di uomini restate sulla riva Sud erano esposte al massacro. Ma non era tempo di riflettere.

Attraversata l’acqua, gli Americani trovarono un altro vantaggio. Stringendosi sotto la ripa, mossero in colonna contro corrente su una striscia di “limata” come diciamo nel nostro dialetto, la sabbia di fiume[1]. C’era qualche mina, e qualcuno saltò in aria, altre furono spostate.

Ed ecco, forse inaspettata, la soluzione. Il grosso del battaglione arrivò ad un piccolo rivo che dalle colline attraverso i campi entra nel fiume in un fossato[2]. Escludendo il rivo San Giovanni che viene da sinistra, il “creek” s’identifica col rivo Pisciaréllo. Il fosso è profondo sì e no due metri, ma era quanto bastava a circa 500 uomini audaci, per avanzare through wich, attraverso esso, per diffondersi inosservati nei campi dietro le prime linee dei loro nemici. Ora, o fosse stato il caso o perché previsto nel piano di assalto, l’inserimento nel terreno tenuto dai Tedeschi fu attuato proprio col microscopio. Pisciaréllo, e sfruttato subito. Parte del battaglione si diresse immediatamente verso i campi. Arrivò intanto l’ordine di mantenere queste posizioni per proteggere il fianco sinistro del reggimento. Il 2° Battaglione, seguito dal 3°, attraversava ad Ovest della curva a uncino. Gli uomini si tenevano afferrati alle funi e alle strisce bianche sotto gli zaini con la sinistra, per non farsi portare via dalla corrente, e tenevano alzato sopra la testa il braccio destro col fucile.

Oscurità e ardimento li portarono oltre le fox-holes, le “tane di volpe”, da dove crepitavano le mitragliatrici. I Tedeschi sparavano sempre, e non se ne accorsero. Ancora nella tarda mattina i loro franchi tiratori facevano fuoco lungo il fiume.

Senza curarsi di spazzare queste sacche di resistenza, gli Americani si diressero verso monte Maiùlo, seguendo il rivo Pisciaréllo. La sorpresa aveva vinto! Alle 8, elementi avanzati del 2° Battaglione erano arrivati alla collina. Il 3° Battaglione invece, sotto un fuoco pesante di artiglieria, avanzava lentamente.

 

***

Con la luce del giorno la battagli divenne più intensa, e il fuoco tedesco più preciso e micidiale.

Ma anche la 3° Divisione diresse meglio il fuoco sui cannoni e carri armati degli avversari. Si aggiunga che i cannoni anticarro del 60 Battaglione anticarro si scatenarono coi loro proiettili micidiali ad alta velocità, concentrando il fuoco tra la via e il fiume. Dalla Compagnia K sei carri furono colpiti. Di fronte a questa tempesta di colpi, i carri armati tedeschi ripiegarono a Nord in alcune “cupe”; vie incassate, fra monte Grande e monte Maiùlo. Si ritirarono in ordine, combattendo. Il contrattacco si era spinto fino 50 yarde dal fianco sinistro del 3° Battaglione.

Gli Americani, per l’esattezza i loro corpi scelti, avanzavano, ma lontanamente pensavano che la ritirata tedesca fosse strategica, cioè prestabilita. Alle 10,12, un ufficiale inglese di informazione porta un messaggio al comando: il 3° Battaglione Panzer è pronto al contrattacco. Subito, ordine al 75° Battaglione Carri di lanciare i carri della compagnia A attraverso il fiume. Tanks anfibi per acque profonde e anticarro attraversarono il Volturno di pieno giorno. Il “fustigatore”, bulldozer, si accostò alla riva per sfondare, ma fu respinto dall’artiglieria e dalle mitragliatrici tedesche. Gli spalatori della compagnia A del 10 Battaglione Genio fecero la scarpata con picconi e pale, proprio al di sotto dell’ansa a uncino, e alle 11 vi saliva il primo carro amato. Nel pomeriggio erano 15 i carri saliti, e 3 gli anticarro. Essi e l’artiglieria avevano fermato il contrattacco tedesco. La lotta si esauriva ormai in quel settore. La persistenza nello sfruttare le conquiste fatte, e l’ordine alle forze germaniche di resistere solo per ritardare la marcia nemica, avevano dato la vittoria, certamente travagliata, agli Americani.

Anche dal comando tedesco ci fu il riconoscimento che lo sforzo degli avversari era riuscito. Dagli Inglesi fu intercettato un secondo radiomessaggio e mandato alla 3° Divisione. Portava questo commento: “La (divisione) H. Göring pensa che la vostra gente stia operando troppo bene in quel settore”[3].

Mentre il 7° Fanteria iniziava l’avanzata in pianura, i soldati del 15° Fanteria (meno il 1° Battaglione) attuavano una diversione. Dalla valle ove sorgono le fazioni di Castelmorrone, si arrampicava su monte Castellone, di fronte a Piana di Caiazzo. Raggiungere questo abitato attraversando il fiume e occupando gli avamposti tedeschi su Mesurìnola, costò ore di combattimento e gravi perdite.

Il 15° Fanteria varcò il fiume poggiando su un’isoletta. Le sue compagnie conversero su Monticello ove ci fu sosta. Una cava di pietra sul lato Sud servì al comando. Fra le 2 e le 3 di notte, il 2° Battaglione aveva subìto gravi perdite, e dalla cava di pietra i feriti venivano portati al fiume, e traghettati su canotti di gomma.

Il 3° Battaglione rimontando la corrente verso l’isoletta, venne avanti senza reparti carreggiati (che non potevano salire sul Castellone), e le sue compagnie L e K passarono a guado la corrente, e i soldati, aiutandosi l’un l’altro, salirono sulla riva opposta. La lotta contro la linea avanzata nemica fu breve. I Tedeschi si ritirarono, e gli Americani attaccarono Mesurìnola. Un vero aggiramento!

La compagnia L attaccò da sinistra, la compagnia K da destra, un plotone di riserva l’aggirò da dietro. Le pendici sono erte, ma furono scalate. E quasi tutti i Tedeschi furono fatti prigionieri, e i pochi che sfuggirono si ritirarono a Nord della via. Ma la loro artiglieria concentrò il fuoco sulle due collinette abbandonate, e carri armati, e cannoni semoventi tennero sotto il fuoco tutta la valle. Ci rimase sotto proprio il 2° Battaglione che ebbe forti perdite, e avanzò lentamente, strisciando a terra.

Anche i Tedeschi ebbero fuori combattimento un primo carro armato. Il servente saltò fuori, e si rifugiò in una casa presto bruciata da colpi di mortaio. Un altro carro veniva da Caiazzo, e incappò nel blocco stradale tenuto da un plotone anticarro del 3° Battaglione. Gli furono tirati tre copi di bazooka, e un sergente beccò l’equipaggio.

Era una giornata intera di lotta. Nel pomeriggio 2° e 3° Battaglione avanzarono sulle colline dietro Piana di Caiazzo. Ma il paese era stato lasciato, e quando la compagnia L occupò Piana, vi trovò un solo tedesco che si arrese. Due postazioni di mitragliatrici sul fianco di monte S. Croce, furono ridotte al silenzio, con granate e fucilate, e in quel settore finì la resistenza tedesca.

Intanto il 2° Battaglione attaccava dalle piccole valli, il monte Caruso al centro fra il Maiùlo e S. Croce.

Queste cime erano assai utili. Chi le teneva dominava la vallata a Sud. Occupandole gli Americani, i Tedeschi dovevano ritirarsi subito o a Strangolagalli e Cisterna, o a Caiazzo. Fra Cisterna e S. Croce c’è solo una via vecchia, e i Tedeschi si ritirarono verso Caiazzo, dove potevano disporre della statale 158 verso Alvignano. Nel pomeriggio del 13 il 7° e il 15° Fanteria dominavano la vallata da Nord.

 

***

Passiamo ora alla lunga collina che si prolunga a Nord-Ovest, fino ai contrafforti di monte Majuri. Essa sovrastava al fianco sinistro della 3° Divisione, e sappiamo che qui doveva operare un battaglione del 30° Fanteria, con un battaglione del 15°, e con tre scopi precisi:

Disperdere le forze tedesche concentrandole qui, facendo credere che a Triflisco sarebbe esploso l’attacco principale, allo strong-point, il punto di forza;

Neutralizzare i posti di osservazione, e le postazioni che vi erano, di cui una micidiale, a quota 200, proprio sopra Triflisco;

Occupare la lunga linea di vetta.

Non c’era da scherzare. L’impresa non era facile. A Capua, gli Inglesi non riuscivano ad attraversare il fiume. Solo se riuscivano, i Tedeschi che fossero rimasti fra Triflisco e Bellona, ‘ncoppa ‘o Salemme, sulla collina di Gerusalemme, si sarebbero trovati tra due fuochi.

 

***

Nella mattinata del 13 arriva l’ordine al 3° e al 1° Battaglione del 30° Fanteria, che lasciassero il loro bivacco nella valle a Nord-Ovest di Caserta per monte Castellone, ove avrebbero seguito il 15° Fanteria nel varco.

Intanto, a mezzogiorno, il Generale Truscott ordina al 2° Battaglione di disporsi a Triflisco mandando avanti una compagnia, e facendo seguire a questa il battaglione. Tutto inizia bene.

Alle 13,40 il tenente colonnello Bernard comunica che l’operazione procede bene. Ma da quota 200, punto Sud della collina Gerusalemme, raffiche di mitraglia respingono i primi plotoni. Cannonate americane su quella posizione, dove i Tedeschi avevano piazzati otto cannoni semoventi da 105 mm. Secondo assalto. Niente. Gli Americani sono inchiodati al suolo con perdite gravi. L’assalto è rimandato alla notte.

Intanto il 1° Battaglione che s’era avviato, viene rispedito in soccorso del 2°. Ma, visto che l’assalto a Triflisco era fallito due volte, e quello alla penisoletta era riuscito, gli fu ordinato di attraversare dov’erano passati i carri armati, di convergere sul fianco sinistro, e attaccare la collina Gerusalemme da Est[4]. Il passaggio del 30° Fanteria doveva essere coordinato con quello della 56° Divisione inglese. Lasciati i carriaggi al bivio, all’inizio della salita di San Leucio, i soldati si accostarono al fiume. Quando si è fortunati! Era pronta la passerella fatta dai genieri, e varcarono il Volturno a piedi asciutti.

Alle 01,00 si disposero per l’attacco. Alle 3,30 veniva segnalato che la posizione era presa.

I Tedeschi, appena scesa la notte, s’erano ritirati da quota 200, la punta estrema della lunga collina, in conseguenza dell’avanzata del 7° Fanteria. Intanto, alle 4,45, il 2° Battaglione varcava il Volturno, e all’alba del 14 fu seguito dal 1°, e dal 15° Fanteria.

La battaglia per il primo attraversamento del Volturno era durata trenta ore[5]

 

***

Diamo uno sguardo al Basso Volturno.

Presso il mare la 46 Divisione aveva attaccato con successo all’alba del 13, con operazione anfibia. L’attraversamento del fiume era stato attuato da squadroni di fanteria e carri armati e, il 14, la 139 Brigade aveva stabilito una salda testa di ponte.

La 7° Divisione corazzata, nell’attacco a Grazzanise aveva incontrato forte opposizione. Le truppe d’assalto raggiunsero il fiume appena calata la notte. Gl’Inglesi stavano per lanciare un carro armato attraverso il fiume, ma un contrattacco tedesco li respinse. Alle 2, secondo tentativo con battelli, lungo un cavo. Seconda ritirata. Fecero un terzo tentativo, e riuscì. All’alba del 13, gl’Inglesi s’eran fatto un po’ di posto sulla riva opposta, e durante il giorno cominciarono ad avanzare verso Nord.

La 56° Divisione, a Capua, fu la sola unità che il 13 Ottobre non fece alcun progresso. Ma nel frattempo la 3° Divisione americana (che era sul limite di demarcazione fra i due corpi d’armata) procedeva così rapidamente che, avanzando da sola, poteva ricevere danno sul fianco sinistro. Il giorno seguente si trovò una soluzione: la demarcazione fra X e VI Corpo d’Armata fu spostata ad Est, per dare alla 56° libertà di azione fino alla lunga collina che da Triflisco va verso Teano. Così nel “territorio”, nell’area di movimento della 56° Divisione inglese, venne a trovarsi il ponte da 30 tonnellate, fatto dagli Americani, sul quale essa passò.

 

***

Abbiamo seguito l’azione delle truppe combattenti della 3° Divisione. Ora che quelle necessariamente sostavano, da Triflisco a Mesurìnola, ricordiamo brevemente anche l’attività del Genio.

I reparti del Genio Pontieri, la mattina del 13 spinsero le loro attrezzature verso il fiume.

Prima del tramonto, un ponte per jeeps, e un ponte a prova di veicoli da 8 tonnellate erano pronti. Quello per jeeps si mostrava a una voltata del fiume, non lontano dal greto del torrentello che scende da Castel Morrone. I genieri vi usarono una miscela trovata in un cantiere di costruzione presso Caserta: acciaio a stuoia, progettato per vie di campi di aviazione. Scorrevano su pesanti galleggianti, prestati dalla compagnia B del 18° Genio corazzato. Doveva sopportare tutto il traffico della Divisione. A sera, ripulito il viottolo fangoso (quello presso il rivo San Giovanni) dalle mine, le jeeps correvano sulla Statale 87, cariche di munizioni e soccorsi.

Un ponte da 8 tonnellate fu costruito a piedi di monte Castellone dalla compagnia B del 10° Battaglione Genio. I Tedeschi avevano azzerato i loro cannoni per centrarlo. E le schegge dei proiettili avevano portato danni al materiale, e provocato la morte di 13 uomini. Bisognava gonfiare subito coi compressori i canotti lacerati da falle, ad evitare che crollasse tutto. Una fatica enorme, comunque alle 22 era pronto.

Ma ebbe otto ore di funzionamento. Al mattino del 14, l’aviazione tedesca vi lanciò bombe, e subito si dové rimpiazzare quattro pontoni. Ci fu un’esplosione terrificante quando, un veicolo carico di obici, urtò mine sommerse. Sul posto si formò un cratere: 2 muli e 8 uomini lanciati in aria finirono a brandelli. Incidenti che non riuscirono a troncare il traffico al mattinodel 14.

Un terzo ponte da 30 tonnellate, a Triflisco, non fu potuto ultimare il 13. Venuta la notte, e lanciate bombe fumogene si lavorò senza tregua. Lo portò a termine, dopo sei ore di lavoro, la compagnia B del 16° Battaglione Genio corazzato. Ma solo il ponte non bastava. Ci volle una specie di massicciata fino alla via, per non affondare nel fango.

L’Air Force e la R.A.F., Royal Air Force, erano in netta superiorità sulla Luftwaffe che non poté impedire l’attraversamento.

 

***

Le immediate conseguenze della battaglia stavano ora nel superament della barriera fluviale per quell’obbiettivo assegnato alla Quinta Armata del generale Alexander: la linea Sessa-Venafro-Isernia, ancora 25 miglia distante.

Per questa seconda fase dell’avanzata, il generale Clark, il 14 Ottobre, aveva rettificato, come già sappiamo, la demarcazione fra i due corpi d’armata, la 56° Divisione inglese, sfruttando la passerella americana, ebbe due vantaggi: non perdette più tempo, e aggirò i reparti tedeschi che ancora resistevano risolutamente sulla destra del fiume.

Dalla rettifica del piano di avanzata derivarono due conseguenze:

L’intero VI corpo d’armata operava ora nel Medio Volturno;

L’azione della 3° e della 34° Divisione affrettando l’avanzata (frontale per la 3°, e in parte aggirante per la 34°) riponeva sul tappeto una questione strategica che la natura delle nostre terre presenta ai generali, e che è accennata nella presentazione di questo libro: le operazioni militari nel Medio Volturno affrettano o ritardano quelle del basso corso del fiume? Quelle da Federico II in poi, imperniate su Capua, fortezza di prima classe (di terra) dell’antico reame?…

Stavolta, sia pur di qualche giorno, era la valle periferica a premere sulla pianura.

E ancora un’altra domanda. Perché questo maggior spostamento di forze dal Basso al Medio Volturno? Solo per restringere un fronte troppo esteso? Forse che il generale Clark ritenne che la “linea Barbara” sul monte Massico era insormontabile per gl’Inglesi? E perciò, concentrando forze americane sulle minori forze tedesche nella quasi sguarnita vallata (vi si ritirava la 3° Divisione Panzer Grenadieren), si poteva attaccare quella linea a destra, in un punto vulnerabile che, sfondato, avrebbe deciso l’arretramento tedesco sul Garigliano?…

 

***

Un giudizio?

Chi scrive non è un uomo d’arme, e non presume di avanzare giudizi personali che non potrebbero essere tecnici. Riferendo quelli dei competenti, distinguiamo il metodo con cui fu condotta dallo scopo che ci si proponeva con essa.

Riguardo al modo il miglior giudizio è quello del generale tedesco Von Vietinghof: (l’attacco americano) “molto ben studiato, ed energicamente attuato”. La 3° Divisione aveva svolto un’azione-chiave nel Medio Volturno avendo annientato il fianco sinistro della H. Göring Panzer Division, e assicurata una testa di ponte profonda (sulle colline fra Caiazzo e Campagnano), fino a chilometri 6,5.

Ma subito si passa all’altro aspetto: che scopo aveva la resistenza tedesca sul Volturno?

Già sappiamo che nei piani del generale Kesselring, questa linea avanzata non doveva essere quella che per Von Senger fu Cassino: resistenza totale nello spazio e nel tempo. Il 14, i Tedeschi s’erano ritirati non sconfitti su posizioni dove già sapevano di andare. Finiamo nell’eccesso opposto: una “battaglia” da parata?… Neanche. Non bisogna ridimensionare l’efficacia della pressione americana. Le forti perdite, 400 morti, da sole bastano a dimostrare che si faceva sul serio. Ma si potrebbe ancora obbiettare che le forti perdite possono essere anche effetto di incapacità… Ed è vero. Ma c’è un ultimo elemento, fondamentale per chi conosce ed ammira la mentalità spartana dei Tedeschi.

Il generale Kesselring aveva chiesto alla superba e patriottica divisione H. Göring, come alla 3° Divisione Granatieri corazzati, di resistere sul Volturno fino al 15, ma gli Americani avevano occupato le posizioni nemiche un giorno prima. Perciò la battaglia del 13-14 ottobre ’43 lungo il Volturno, fu una vera battaglia, lotta intelligente e sanguinosa, non una marcia da parata.

Sì, ma se l’ordine era non di ritardare, ma di fermare il nemico?…

Il maresciallo Kesselring, fermo nell’idea che la resistenza andava fatta dovunque, e nel caso specifico, nella fascia più stretta  della penisola, descrive la formulazione dei piani e la loro progressiva attuazione[1].

Fissò sulla carta le varie linee di resistenza in caso di ritirata, previde inevitabili cessioni di territori, ma anche una difesa pressoché insormontabile a Sud di Roma, “forse su di una linea che avesse al centro il monte Mignano (denominata in seguito linea Reinhardt), o sulla linea Garigliano-Cassino (denominata in seguito linea Gustav)…[2]

S’accordò con il generale Von Vietinghoff sulla resistenza della Decima Armata, su quanto era necessario per rendere forte e inespugnabile specie la linea Gustav, e l’accordo, o piuttosto l’ordine, fu di ritirarsi a Nord di Roma, attraverso successive linee di difesa.

“La resistenza della Decima Armata avrebbe dovuto concederci il tempo necessario ai preparativi”[3].

Come fu attuata la ritirata tedesca?

Dice sempre Kesselring: “Il generale Von Vietinghoff assecondato a meraviglia dal suo capo delle operazioni Wentzell, diresse le operazioni di ritirata in modo magistrale, …e riuscì a prolungare fino al 16 Ottobre la resistenza sul Volturno[4].

Dunque la previggenza del Maresciallo Kesselring non s’era fermata ai movimenti del momento. È interessante precisar questo anche per conoscere il ruolo dei suoi collaboratori: “La precisa conoscenza delle posizioni, e dello stato in cui si trovav                                                                                                                                                      

Che valore aveva il Volturno in tutto questo?

Come fu condotta la ritirata ritardante?

Il comando tedesco dislocò pochi reparti scelti – e nel Medio Volturno appartenevano alla 3° Divisione – per distruggere le comunicazioni, dotandoli per questo di esplosivi e munizioni. Esigui gruppi che sbarravano le direttrici di avanzata necessarie, che attuavano tortuose manovre di aggiramento, e poi di nuovo monotone e logoranti manovre…[5]

Erano retroguardie mobilissime che, fra l’altro, non dovevano lasciarsi catturare.

La stampa avversaria ingigantiva l’azione distruttiva e l’inafferrabilità di queste pattuglie “votate alla morte o alla cattura”[6].

La ritirata era studiata nei particolari. Ecco un brano del generale Shepperd e, benché scritto da un nemico, è una fotografia dei metodi teutonici per rallentare l’avanzat anglo-americana.

“Il programma di demolizioni era anche più intenso. Ponti e manufatti sulle strade principali e secondarie erano stati sistematicamente distrutti. Molti edifici dei villaggi erano stati demoliti in modo da bloccare le strette vie. Mine Teller e del tipo S, erano state disseminate sui nodi stradali e sui cigli e le scarpate dei torrenti. Zone adatte per il bivacco delle truppe erano pure minate e cosparse di trappole esplosive. Invece di limitarsi a coprire le strozzature stradali con il fuoco dell’artiglieria mobile, ora il nemico impiegava piccoli contingenti di fanteria in posizione molto avanzata, protetta dal fuoco dei mortai e dell’artiglieria. Spesso, dopo che un villaggio era stato evacuato, i Tedeschi vi lasciavano squadre di mitraglieri. Inoltre essi impiegavano carri armati e cannoni semoventi di tutti i tipi, e Nebelwerfer a 6 canne, ed anche del tipo a 10 canne, montati su mezzi cingolati”[7].

Il complesso di queste tattiche ebbe l’effetto di rallentare notevolmente l’avanzata alleata.

Trasferite sul fronte Est la 24 Divisione Panzer e la Leibstanderte “A. Hitler”, Kesselring assegnò alla Decima Armata tre divisioni di fanteria che erano la rimanenza del Gruppo di armate costituite dalla XIV e dalla X di Von Mackensen.

Kesselring vide dunque il Volturno come antemurale della linea B, e nei suoi 50 chilometri di corso dalla foce ad Amorosi (dove piega a Nord-Ovest), Von Vietinghoff ne stabilì la difesa come segue:

Dalla foce ad Est di Grazzanise: sui 20 km con la 15° Divisione P.G.;

Da Est di Grazzanise a Caiazzo: sui 20 km, con la Divisione “H. Göring” P., una delle più superbe, che aveva il gruppo di battaglia Mauke; dietro a questa, la 16°, in riserva;

Da Caiazzo a Monte Acero (Matese): sui km 16, con la 3° Divisione P. G.[8]

L’urto massiccio e decisivo era previsto sulla Nazionale 6, la Casilina, dietro Capua, ma, come si vede, anche l’accesso al Medio Volturno dal Basso Calore era accuratamente valutato e guardato dai Tedeschi, pur essendo settoriale e marginale.

Solo il Matese rassicurava i Germanici a sinistra. Quanta differenza con la seconda guerra sannitica, combattuta ventiquattro secoli prima proprio sopra e attraverso quelle montagne! Ora, con la motorizzazione non vi era possibile movimento alcuno. Sulle falde di monte Acero di Faicchio, estrema altura del massiccio a Sud, c’erano appena pochi elementi della 26° Divisione.

E dal Matese all’Adriatico?

Passate le giornate di Salerno, e perduta, il 27 Settembre, dopo violenti combattimenti, la base aerea di foggia, la 1° Divisione tedesca Paracadutisti indietreggiò prima dietro il Fortòre, poi dietro il Biferno. Quando si svelò un “pericoloso vuoto” dice il maresciallo Kesselring, innanzi alla 1° Divisione Canadese che puntava all’alto Biferno dove, data la velocità che la motorizzazione imprimeva ai movimenti, poteva raggiungere presto Isernia, e minacciare di fianco la linea sul Volturno, e perfino la linea Barbara o Reinhardt.

La 2° Divisione colmò questo vuoto, attestandosi dal Matese fin oltre Campobasso.

 

***

La difesa tedesca era quanto di meglio si poteva immaginare per la difesa di un fiume. Il terreno antistante al fiume era piatto, ed offriva scarsa copertura sulla riva sinistra, mentre la riva tenuta dai Tedeschi offriva settori di montagne da dove si poteva osservare e dominare con artiglieria pesante specialmente il varco di Triflisco, lì dove si supponeva sarebbe avvenuto uno dei principali passaggi di truppe con armi ed equipaggiamento pesante. Ben piazzati su quelle colline, i Tedeschi potevano annientare qualsiasi tentativo di costruire un ponte. Ad Oriente del ciglione di Triflisco, i Tedeschi trincerati sulle colline Monticello e Mesurìnola, vi trovavano una linea avanzata rispetto a quella vera rappresentata dai monti S. Croce-Caruso-Maiulo, sui quali erano saliti da Stangolagalli, Morrone e Vallata.

Mentre stavano in attesa sulla riva Norda avevano seminato di mine i campi, scavato fosse per piazzarvi cannoni, e organizzata un sistema di disposizione dei nidi di mitragliatrici a fasce di fuoco allacciantisi, per tenere sotto controllo la riva. L’artiglieri, costituita da unità mobili, era tenuta dietro le unità avanzate, pronta ad accorrere dove vi fosse minaccia.

La difesa delle coste, stabilita dallo Stato Maggiore italiano negli anni precedenti la guerra, era caduta nelle loro mani, e gl’Inglesi, dopo Castel Volturno dovevano eliminare pill-boxes, ossia piccole casematte di cemento, quasi invisibili e perciò insidiose, che sarebbero state di rinforzo alle trincee fatte scavare negli ultimi giorni da Italiani deportati per questo. I tre giorni di ritardo avevan permesso anche la costruzione d numerose fox-holes, le tane di volpe scavate e munite.

Ma il 3 Ottobre, già sappiamo, gl’Inglesi sbarcano a Termoli, e questo turba gravemente il piano tedesco di difesa. Kesselring voleva che si trasferisse nel Molise la 16° Divisione corazzata attraverso il valico Venafro-Isernia, ma si oppose Von Vietinghoff. Egli prevedeva lo sforzo maggiore degli Alleati proprio al centro, sulla Casilina, in direzione di Roma, per cui, mentre voleva mantenerla a Nord di Capua, in sua vece avrebbe inviato sul nuovo fronte la 3° Divisione corazzata, sguarnendo così forzatamente il Medio Volturno nella sua apertura ad Est, fra Castelcampagnano e Faicchio. Ma Kesselring non condivise i dubbi di Von Vietinghoff, e impose l’immediata esecuzione dei suoi ordini.

Ma la 16° avrebbe logorato i mezzi cingolati sulle montagne. Passarono quattro ore di disguidi e malintesi da superare. Kesselring seppe con sorpresa dal Generale Westphal suo Capo di Stato Maggiore che, alla sera del 3, non era ancora partita. Finalmente la mattina del 4 partì e, passando per Pietravairano, Venafro, Isernia, il 5 era sul Biferno.

Vi arrivò in ritardo, e fu lanciata alla spicciolata, ma in tal modo non riuscì a buttar a mare gl’Inglesi.

Sul Volturno la 16° fu sostituita dalla 3° Divisione che, verso il 10 Ottobre controllava un fronte molto più ampio, logicamente spezzettata in reparti. Il grosso sarebbe arrivato nel punto dove gli Alleati avessero iniziato l’attraversamento.

Il confronto numerico non era certo favorevole ai Tedeschi.

 

***

Qualche particolarità sulle divisioni tedesche.

La 15° Panzer Grenadieren era comandata dal Generale Rodt, ed era costituita dal 115 Battaglione di ordinanza, da tre reggimenti di granatieri corazzati, il 104°, il 115° e il 129°. Bisogna aggiungere il 115° Battaglione corazzato e il 33° Reggimento di artiglieria. Di essi uno era in prima linea, mentre gli altri sorvegliavano la costa fino al Garigliano.

La “Herman Göring” era comandata dal Generale Konrath, ed era composta da: Btg. HG. Di ordinanza, 1° e 2° Reggimento di Granatieri corazzati, un reggimento corazzato HG., e un reggimento HG. d

i artiglieria. Aveva un armamento superbo. Era dotata di cannoni semoventi per assalto e contraerei, e per questo aveva una potenza di fuoco superiore al normale. Era stata riformata dopo la pratica distruzione in Tunisia.

La 3° Divisione P. G. c’interessa più da vicino.

Comandata dal Generale Gräser, era composta dal 103° Battaglione di ordinanza, dall’8° Reggimento, dal 29° e dal 103 Battaglione corazzati, e dal 3° Reggimento di Artiglieria. Stava apprestando difese al suo settore. Caduto il piano di Von Vietinghoff di trasferirla sul Biferno, tenendo la 16° in riserva dietro la “H. Göring”, le spettò la difesa tedesca da Triflisco fin quasi a Faicchio.

La Divisione non era completa[9].

L’8° Reggimento fino a tutto Ottobre era stanziato per la difesa costiera. Solo il 3° fu impiegato sul Calore. Il 29° vi fu lanciato a metà del mese. Il Reparto 312 Heerflak rimaneva nell’area di Venafro, in funzione antiaerea. La maggior parte del Pioniere, con il Battaglione dello Stato Maggiore, affidato al Maggiore Wegener, stava nella linea Bernhard fin da metà Settembre, e pensava a costruire post  

incompleto.

Il settore che si stendeva fino a Telese, era comandato dal Capitano Haen (Kdr. Pz. Rep. 103). Ma in questo settore s’erano disposti il I./A.R. mot. 3, del Maggiore Petzel, e parte del 71° Reggimento Nebelwerfer. Vi appartenevano 1° e 3° Reparto 103. A destra si schierò il I./G.R. mot. 8, e a sinistra, fin dall’8 Ottobre, la Pz. A.A. 103.

A sinistra presso Faicchio, si schierò la KGr. Viebig, della 26° Pz. Div. Ma la 2° stava schierata oltre il Matese, e le truppe di Viebig furono incorporate alla 3° Divisione.

Non era sfuggito ai Tedeschi il valore militare dell’ambiente.

Certo, non tutto il fronte sul Volturno era sicuro per essi. Da Capua al mare, unico ostacolo per gl’Inglesi era la larga corrente del fiume, e nient’altro. E da Castel Campagnano al Mates, il Volturno senza il Calore non offre serio ostacolo al guado, e i movimenti logistici e tattici nella pianura fra Amorosi e il Titerno, hanno ogni possibilità. Sono le terre percorse da Annibale ventitré secoli prima. E, lo stesso può dirsi più a Nord sui penepiani e sui terreni ondulati fin sotto monte Acero. Dunque il centro – le colline ai due lati di Caiazzo – era più forte, e le due ali, deboli.

Sfruttando il fatto che in vari posti del centro la riva destra è più elevata della sinistra, i Tedeschi avevano steso, già s’è visto, un primo cordone di uomini dotati di mitragliatrici. L’artiglieria era piazzata a copertura del fiume, e la fanteria, sorretta da carri armati, era in posizione di attacco. Dietro, unità mobili, in pronta riserva.

Da Eboli in poi le munizioni scarse avevano imposto la ritirata. Ora le munizioni erano giunte, e sul Volturno avveniva la prima resistenza tedesca. Unica debolezza, quell’area.

Erano 18 chilometri di fronte. Su esso potevano solo ritardare il varco e l’avanzata ai loro nemici. E questo fu l’ordine che ricevettero i 35.000 uomini del XIV Corpo d’Armata corazzato.

Le vie per un’ordinata ritirata erano tre: la Triflisco-Liberi-Dragoni, la Caiazzo-Dragoni, e la Telese-Faicchio-Piedimonte.

L’Armee aveva imposto agli Americani l’ultima sosta a Marcianise, per rendere possibile il deflusso, il 3 e 4 Ottobre, di tutte le truppe attraverso il ponte di Annibale[10]. La 3° Divisione già in posizione dal 2 Ottobre, ebbe 10 giorni di tempo per disporsi. Il Quartier generale HKL, era vicino, e l’8 Ottobre, veniva spostato in una località a Nord (pare, presso Alvignano).

Gli ultimi giorni che precedettero l’attacco americano, furono più inquieti. Così, nel pomeriggio e nella notte dell’11 Ottobre aumentarono i tiri di disturbo dei cannoni e i voli di ricognizione americani.

A causa della lentezza degli Alleati, il Quartier Generale germanico non poté stabilire i centri di gravità e le direttive di attacco.

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